CARLI: Relazione di minoranza DEFR 2024

Pubblicato il venerdì 21 Lug 2023

Relazione di minoranza sul Documento di economia e finanza regionale 2024

Presentato dalla Giunta regionale il 29 giugno 2023

Egregio Presidente, Gentili Colleghe e Colleghi,

il Documento di Economia e Finanza Regionale 2024 presentato in occasione della discussione dell’Assestamento di bilancio estivo 2023 è il primo atto di programmazione economico-finanziaria della nuova legislatura, e, pertanto, fornisce una visione d’insieme di lungo periodo sulle strategie e sulle azioni che la rinnovata amministrazione regionale intendere intraprendere.
Come premessa di metodo, non posso non osservare come la presentazione del Presidente Fedriga contenuta nel DEFR assuma toni quasi trionfalistici, in una sorta di autocelebrazione sui presunti risultati positivi ottenuti nel corso della passata legislatura, basando la sua analisi su dati macroeconomici che pare siano stati raggiunti per merito esclusivo dell’azione e dell’impegno profuso dalla Giunta regionale uscente.
I dati contenuti nel documento evidenziano un PIL cresciuto nell’anno 2022 a tal punto da aver riportato l’economia regionale a livelli superiori a quelli pre-crisi 2020 e in crescita anche nel 2023 con valori sensibilmente più positivi di quelli registrati in Italia e nel Nord Est.
Va considerato che i dati regionali non possono essere estrapolati dal contesto nazionale e internazionale e che il superamento del periodo di crisi scatenato dall’emergenza sanitaria ex covid è dovuto in larga parte a quanto messo in atto dall’Unione Europea e dal Governo Draghi per favorire la capacità di reazione delle realtà economiche e produttive del Paese.
Per il 2022, alcuni numeri sul fronte economico sottendono a motivazioni di breve periodo non riproducibili: i settori dei servizi e delle costruzioni hanno indubbiamente beneficiato delle agevolazioni sull’edilizia residenziale, dando un impulso significativo all’economia.
Per il 2023 si prevede che la crescita dell’attività economica rallenti per il ridimensionamento dei consumi pubblici e privati e degli investimenti da parte delle imprese: in particolare, per il settore della manifattura tutti gli indicatori mostrano in previsione una contrazione generale.
Il rapporto ISTAT 2023, diffuso alcune settimane or sono, evidenzia un inarrestabile calo demografico, che in prospettiva determinerà il crollo del Pil ed in definitiva l’inevitabile declino del Paese.
L’Italia deve investire di più sui giovani, sulla loro formazione, sul loro benessere, suggerisce l’Istat nel suo Rapporto annuale, segnalando in particolare che nella fascia 18-34 anni quasi un giovane italiano su due presenta una o più situazioni di difficoltà sul fronte dell’istruzione, del lavoro, della salute o del territorio in cui vive.
I dati incoraggianti che arrivano dal mercato del lavoro, in cui all’aumento degli occupati si è associata la diminuzione dei disoccupati e degli inattivi, sono certamente attribuibili ai dati macroeconomici 2022, ma vanno altresì inquadrati anche nella dinamica demografica in atto, in cui gli effetti della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione si fanno sempre più evidenti.
Ogni 100 lavoratori che vanno in pensione, sono molti meno i giovani potenzialmente disponibili nel nostro territorio sul mercato del lavoro. Si pone quindi l’urgenza di creare delle condizioni strutturali per favorire la nuova genitorialità e l’attrattività di nuova forza lavoro verso la nostra Regione.
Il rapporto Istat evidenzia alcune valutazioni riguardo ciò che sarà nel 2041 se non saranno attuati interventi decisi: a fronte di un forte aumento (+30%) della popolazione in età superiore a 65 anni, il numero dei giovani in età compresa tra 11 e 24 anni subirà una contrazione di oltre il 20%; come a dire, sempre più anziani e sempre meno studenti.
Diventa necessario ed urgente investire sulle nuove generazioni, garantendo un miglioramento del loro benessere che, attualmente, è livelli più bassi in Europa: la deprivazione in almeno uno dei domini chiave del benessere (Istruzione e Lavoro, Coesione sociale, Salute, Benessere soggettivo, Territorio) è ancora molto elevata; in aggiunta a ciò, ISTAT evidenzia il meccanismo di trasmissione intergenerazionale della povertà (la cosiddetta “trappola della povertà”), in base al quale quasi un terzo degli adulti (25-49 anni) a rischio di povertà proviene da famiglie che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria.
Le notevoli risorse finanziarie messe in campo per uscire dalla crisi, sia a livello nazionale che regionale, devono supportare sempre più investimenti che accompagnino e rafforzino il benessere dei giovani nelle diverse fasi dei percorsi di vita, intervenendo fin dai primi anni di vita: sempre in base al rapporto ISTAT 2023, l’Italia spende per prestazioni sociali erogate a famiglie e minori una quota pari all’1,2% del Pil contro il 2,5 della Francia ed il 3,7% della Germania. E anche sul fronte dell’istruzione emerge un “minor impegno” del nostro Paese, che impegna appena il 4,1% del Pil contro il 5,2 della Francia, il 4,6 della Spagna ed il 4,5 della Germania ed una media della Ue del 4,8%.
La futura contrazione della platea di studenti (futuri lavoratori) può essere mitigata dalla diminuzione degli abbandoni nelle scuole secondarie superiori e da un aumento dei tassi di partecipazione all’istruzione universitaria. In questa prospettiva, per competere nella società della conoscenza, è fondamentale l’investimento in capitale umano e l’impiego di professionalità qualificate, unitamente alla modernizzazione del sistema produttivo”.
Ma veniamo ad un altro punto nodale della situazione socio-economica attuale: dobbiamo riflettere sul fatto che la spesa per consumi delle famiglie, che già nel 2022 ha segnato un rallentamento rispetto all’anno precedente dovuto alla dinamica dei redditi, in calo, e dei prezzi al consumo, che sono cresciuti invece in modo mai visto negli ultimi 40 anni.
È sotto gli occhi di tutti, o almeno di coloro che fanno la spesa personalmente e provano concretamente cosa significhi, l’aumento vertiginoso dei beni di consumo, in particolare i prodotti alimentari, ma anche dei trasporti, delle utenze domestiche e in generale le spese per la casa.
È noto che anche per il 2023, sui consumi delle famiglie graveranno le prospettive nefaste riguardanti l’inflazione che, pur in lieve rallentamento nell’ultima rilevazione mensile pubblicata qualche giorno fa, rischia di continuare a erodere in maniera importante il potere d’acquisto delle famiglie, soprattutto quelle a basso reddito, per le quali l’aumento delle spese “incomprimibili” legate agli alimentari e alla casa pesa maggiormente.
Se quindi la Giunta ritiene di poter vantare meriti per i risultati positivi ottenuti, al contempo non dovrebbe cullarsi troppo sugli allori, ma dovrebbe invece impegnarsi da subito ad affrontare i segnali socio-economici negativi sopra sommariamente richiamati e il rallentamento evidente che ne consegue nel nostro Paese e quindi nella nostra regione, intervenendo celermente per la parte di propria competenza, per evitare che il prossimo DEFR sia molto meno positivo.
Nel DEFR 2024 per la prima volta si fa cenno all’avvio di una verifica e di una valutazione per misure straordinarie al fine di ridurre la pressione fiscale sia in ambito IRAP, sia in quello dell’addizionale regionale all’IRPEF. Ci auguriamo che la timida intenzione riportata si concretizzi quanto prima.
La prima occasione utile è quella dell’assestamento estivo 2023. I cittadini della nostra regione, soprattutto quelli meno fortunati a livello di reddito, meritano una sorta di “restituzione” da parte dell’amministrazione regionale.
Se infatti l’avanzo di bilancio 2022 è così ricco lo si deve anche all’aumento del gettito IVA dovuto in parte all’inflazione. E quindi ci pare eticamente, socialmente ed economicamente corretto che coloro che hanno subìto maggiormente le conseguenze negative dall’aumento dell’inflazione si vedano almeno in parte sollevati dal dover versare una quota del proprio reddito nelle casse della Regione. La Regione può farne sicuramente a meno. Siamo una Regione a statuto speciale e come tale siamo in grado, come già fatto da altre regioni, di azzerare l’addizionale Irpef almeno per le fasce di cittadini con reddito più basso.
Riteniamo che l’inversione dell’attuale tendenza demografica vada perseguita attraverso precisi obiettivi che rendano attrattiva la nostra regione verso chi vorrà venire a vivere e lavorare nelle aziende del territorio: per fare ciò serve fornire servizi adeguati alle esigenze delle famiglie e politiche abitative mirate, legate anche alle strategie di sviluppo delle aziende.
Più in generale, per quanto attiene alle politiche abitative forse è giunto il momento di lascarsi alle spalle i vetusti retaggi “politico-culturali” nordisti/nazionalisti nati nella seconda repubblica e di concentrare gli investimenti e i sostegni a chi merita davvero di insediarsi nella nostra regione e di contribuire alla sua crescita.
Le vecchie e ideologiche idee di premiare solo chi è autoctono o dimostra di essere residente in loco da qualche anno non hanno più senso in un’epoca in cui le imprese fanno fatica a trovare lavoratori, in cui il Sistema sanitario regionale non riesce più ad attrarre infermieri e medici ma, anzi, se ne vede ogni giorno depauperato. Senza una revisione della disciplina in materia di politiche abitative questa regione è destinata a invecchiare e impoverirsi molto velocemente.
Con l’andamento demografico in atto noto a tutti, abbiamo un bisogno straordinario di attrarre forze fresche come peraltro hanno già iniziato a fare i nostri vicini di casa e di sostenere l’arrivo di forza-lavoro per le attività produttive che, in assenza di manodopera qualificata, guarderanno altrove come già sta succedendo sul nostro territorio.
Non solo le imprese se ne andranno in mancanza di lavoratori, ma anche i servizi subiranno una contrazione. Le scuole inevitabilmente chiuderanno in mancanza di bambini e ragazzi e i nostri paesi si svuoteranno. Si tratta di un fenomeno già visto negli scorsi decenni che ha riguardato principalmente l’emigrazione interna a svantaggio di montagna e zone periferiche. Ora il rischio è quello che l’emigrazione riguardi l’intero territorio regionale se diventerà meno attrattivo.
Le dinamiche demografiche riportate nel rapporto ISTAT e più volte citate in questa relazione ci dicono che l’invecchiamento progressivo della popolazione determinerà non solo una riduzione consistente del PIL, ma anche una sostanziale inefficacia dell’attuale modello di gestione del sistema sanitario e sociosanitario, che in proiezione dovrà occuparsi di un numero sempre maggiore di persone anziane e di situazioni di disagio: riteniamo quindi che fin da subito la Giunta debba indicare le strategie per prevenire pericolosi scivolamenti economico-sociali o quantomeno per mitigarne gli effetti, trovando nel sostegno alla rete delle amministrazioni locali il principale strumento di intervento sul territorio.
Con le notevoli risorse a disposizione, si dovrebbe cogliere l’occasione per programmare nel prossimo triennio decisi investimenti nei settori fondamentali di competenza regionale, al fine di invertire pericolosi trend e consolidare i risultati sin qui ottenuti, spesso legati a dinamiche di livello ben superiore a quello regionale: sottolineiamo un sostanziale scollamento tra quanto pur parzialmente declinato nel DEFR e le scelte di stanziamento nell’assestamento; se ne può dedurre una mancanza di strategia, o quantomeno una volontà di non voler dichiarare apertamente la prossima strategia, soprattutto per quanto riguarda il governo regionale della salute, che ha previsto stanziamenti di risorse a nostro avviso ampiamente insufficienti a risolvere la grande emergenza in atto nei servizi sanitari, legata certamente alla riduzione delle liste di attesa ma non solo.
Oltre a ciò, nel settore sociosanitario il progetto relativo alle Case di comunità sembra fornire risposte poco organiche: l’attenzione della Giunta sembra molto rivolta alla costruzione di edifici e non ancora ai contenuti funzionali; non sembra esservi alcuna menzione relativa ai Piani di zona, strumento fondamentale per definire le politiche territoriali, per coinvolgere gli amministratori e il terzo settore nella lettura dei bisogni socioassistenziali e sanitari della propria comunità territoriale di riferimento e per condividere le strategie per dare risposta a questi bisogni.
Riteniamo fondamentale definire un piano, una strategia per ridare fiato a quella coesione sociale che negli ultimi anni è stata fortemente colpita dalla pandemia e che sta lasciando gravi cicatrici nelle nostre comunità, tanto nei giovani quanto negli anziani: ma su tale tema non rileviamo nel DEFR elementi che possano indurre a forti cambiamenti della situazione.
Altro settore che meriterebbe maggiore attenzione e necessità di definire chiari obiettivi di medio-lungo periodo nel DEFR è quello dell’ambiente, soprattutto in chiave di transizione energetica ed ecologica, che deve essere governata e accompagnata dalle istituzioni e dalla politica; per questo settore non possono bastare bandi dalla dotazione robusta finanziaria rivolti ad imprese e privati, chiediamo invece scelte più precise in termini di coordinamento delle future comunità energetiche e la fissazione di pochi e ben definiti obiettivi su cui convogliare le risorse a disposizione, al fine di intervenire in tempo rispetto ai grandi cambiamenti in atto a livello climatico.
Relativamente al tema degli Enti locali, dobbiamo constatare che rimangono purtroppo irrisolti diversi nodi, frutto delle scelte ideologiche della precedente legislatura.
Crediamo che tutti siano d’accordo sul fatto che i Comuni rappresentino il principale strumento attraverso il quale lo Stato e le Regioni possono mettere in atto le rispettive politiche di sviluppo e di coesione: ciò è ancor più vero alla luce delle grandi sfide che ci aspettano per il futuro, di cui abbiamo parlato sinora.
Anche in questa versione del DEFR non si intendono fornire risposte adeguate alle difficoltà quotidiane degli amministratori locali oramai perfino scoraggiati dal far presente l’affanno dell’agire amministrativo: dal Documento, sembra che la risoluzione di tutti i problemi degli Enti Locali sarà raggiunta con la reintroduzione delle Provincie elettive.
Eppure, la situazione è sotto gli occhi di tutti: Comuni che spesso non riescono a “tenere” un organico stabile e sufficiente a sbrigare l’ordinaria amministrazione, poiché mancano politiche di formazione in accompagnamento all’assunzione: in questa situazione, troppo spesso l’obiettivo è di garantire i servizi di base, mentre la realizzazione delle opere e dei progetti di sviluppo e coesione (come asili nido o servizi rivolti agli anziani) restano nel libro dei sogni.
La nostra regione è fatta perlopiù di Comuni dalle dimensioni medio piccole, e i sindaci e le loro amministrazioni devono essere messi nelle condizioni di poter contare su una struttura organizzativa adeguata agli impegni sempre più gravosi che si presenteranno in futuro, accompagnata anche da risorse economiche opportune.
A nostro avviso, la realizzazione di una struttura organizzativa adeguata deve potersi declinare anche attraverso la creazione di Comunità, opportunamente incentivate in base alle funzioni comunali condivise: spiace dover constatare, in tema di Comunità, che la Giunta continui a pretendere che si esercitino funzioni degli enti locali con risorse a saldo zero. E non si venga a dire, come già sentito da qualcuno, che “non servono le Comunità, basta un po’ di collaborazione”: le situazioni di disagio sono purtroppo numerose, crediamo non tutte dovute a “mancanza di collaborazione”.
A mancare non sono solo le risorse umane, ma anche quelle economiche: rimane irrisolto il solito problema delle risorse insufficienti per le spese del personale, con un aumento a breve dei costi a seguito degli adeguamenti contrattuali, che peseranno molto sulle casse comunali, già pesantemente gravate in questi anni dall’aumento dell’energia, delle materie prime e dell’inflazione che incide sui costi dei servizi alla persona: la sensazione è che pur di fronte a un quadro di entrate eccezionale, la Regione non pensi ad aumentare gli stanziamenti per gli EELL, preferendo gestirsi discrezionalmente le risorse.
Riesce difficile comprendere come la Giunta regionale non si renda conto che c’è un problema oggettivo generale di tenuta dei bilanci degli enti locali. A partire dal pagamento delle opere pubbliche che ha subìto l’aumento dei prezzi, continuando con il caro bollette che ha colpito tutti, ora i nostri Comuni devono anche trovare risorse proprie per le spese del personale.
Ci sarebbe piaciuto trovare nel Documento qualche considerazione in merito alla Montagna, magari accompagnata da alcune ipotesi legate a possibili fiscalità di vantaggio. Alcuni riferimenti ad essa vengono fatti quando si parla di poli sciistici, dimenticando che la Montagna è molto altro.
Per quanto riguarda la Missione 7 – Turismo notiamo come la Giunta rimanga su generiche azioni di promozione e interventi di potenziamento secondo le consuete e vecchie direttrici: mare e montagna.
Ormai da diversi anni in tutta Europa il turismo non è più solo quello classico come lo abbiamo conosciuto almeno dagli anni ‘70. Dal DEFR sembra emergere che per questa Regione esista solo un turismo legato al mare e alla montagna, mentre andrebbe maggiormente riconosciuto e valorizzato il turismo legato alla cultura e al territorio, in forte espansione.
Risulta evidente che la Giunta intende investire le grandi risorse a disposizione per infrastrutture e politiche di marketing rivolte solo ai canali classici, mentre scarsi fondi e poca attenzione vengono indirizzati verso le altre località d’arte, realtà medio-piccole che rappresentano una grande opportunità di crescita del turismo legato alla cultura, al territorio, ai prodotti dell’agricoltura e alle attività artigianali.
A conferma delle considerazioni sopra esposte, nel DEFR – Missione 7-Turismo si parla solo di riqualificazione della Terrazza Mare di Lignano, delle Terme di Grado, dei poli montani regionali, di insediamenti alberghieri nei comprensori sciistici, di impianti a fune, ma nulla si dice su quali saranno, in futuro, le politiche di marketing ed eventuali interventi strutturali per le località d’arte e non solo per quelle riconosciute dall’Unesco.
In sintesi il documento presentato non ci soddisfa sia dal punto di vista delle premesse che soprattutto quello del merito delle questioni affrontate. Ci saremmo aspettati ben altre prospettive e linee guida su cui confrontarci. Non ci stanchiamo di ripetere che a fronte della mole di risorse a disposizione avremmo discutere su progetti e idee innovative.
In sede di dibattito in aula non faremo certamente mancare i nostri contributi costruttivi, animati dalla consapevolezza che le enormi risorse disponibili richiedano grandi responsabilità da parte di tutti per realizzare le importanti sfide del futuro.

Andrea Carli

Trieste, 21 luglio 2023

0250 - CAR relazione minoranza.DEFR 2024

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