CARLI: PDL Norme per il sostengo alle cooperative di comunità

Pubblicato il lunedì 16 Giu 2025

PROPOSTA DI LEGGE N.

Presentata dai Consiglieri: Carli, Moretuzzo, Celotti, Conficoni, Cosolini, Fasiolo, Martines, Mentil, Moretti, Pisani, Pozzo, Russo, Bullian, Liguori, Massolino, Putto, Capozzi, Honsell, Pellegrino

Norme per il sostengo alle cooperative di comunità

Signor Presidente,
egregie colleghe, egregi colleghi

obiettivo della presente proposta di legge è la promozione di una rete diffusa di cooperative che valorizzino le comunità locali, stimolando l’autonomia e l’organizzazione dei cittadini, secondo progetti che traggono spunto da esperienze già attive in diverse aree del Paese.
Va infatti evidenziata la particolare specificità che distingue l’impresa di comunità da altre forme di impresa: essa rivolge l’attenzione a processi generativi che, grazie alla loro capacità di favorire e promuovere il protagonismo dei cittadini nella co-produzione e co-gestione di beni e servizi, è in grado di produrre importanti e positive ricadute sulle condizioni economiche e sociali del territorio, sia esso urbano o rurale, rappresentando di per sé un potenziale elemento di coesione sociale e di rigenerazione urbana.
Va sottolineato il fatto che, se da un lato le Cooperative di Comunità mirano alla realizzazione di servizi di cui una comunità ha bisogno, dall’altro esse rappresentano anche un’importante opportunità di lavoro per alcuni membri della comunità stessa: la cooperazione di comunità, per essere considerata tale, deve avere l’esplicito obiettivo di produrre vantaggi a favore di una comunità alla quale i soci promotori appartengono o che eleggono come propria. Questo obiettivo deve essere perseguito attraverso la produzione di beni e servizi che incidano in modo stabile e duraturo sulla qualità della vita sociale ed economica della comunità.
Non conta dunque solamente la tipologia delle attività svolte, quanto piuttosto l’obiettivo strategico di valorizzare la comunità di riferimento.
È chiaro che le cooperative di comunità valorizzano la centralità del capitale umano, il che significa impostare modelli organizzativi e gestionali che promuovano e favoriscano la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini. Si tratta di esperienze che coniugano le tematiche e valori della cittadinanza attiva, della sussidiarietà, della gestione dei beni comuni e la solidarietà.
Ogni cooperativa è unica e inimitabile nel suo genere, per dimensioni, obiettivi e attività, perché diverse e uniche sono le peculiarità della comunità, diversi i bisogni e le modalità di risposta che affondando le proprie radici nella storia e nei modi di essere di quella specifica comunità.
Non esiste una tipologia specifica di “cooperativa di comunità” e come tale non è ancora riconosciuta giuridicamente a livello nazionale; infatti, è assente ad oggi un quadro normativo nazionale mentre la maggior parte delle Regioni hanno già disciplinato la cooperazione di comunità. Dal punto concettuale, si ritiene interessante e fondata anche la ricerca promossa da Euricse (Istituto Europeo di ricerca sull’Impresa Cooperativa e Sociale) che ha dato avvio nel 2022 alla mappatura di significativi fenomeni economici, sociali e organizzativi, che possono essere denominati “intraprese comunitarie” o “comunità intraprendenti”:
“Quando si parla di imprese di comunità si fa riferimento a imprese che producono beni e/o servizi in maniera stabile e continuativa, tra cui rientrano, ad esempio, anche i beni di interesse pubblico. Esse hanno un carattere “cooperativo” perché gestite dai soci sulla base di princìpi inclusivi e democratici. Inoltre, esse si caratterizzano per il loro forte radicamento all’interno della propria comunità con l’obiettivo, attraverso le attività realizzate, di migliorarne le condizioni di vita e rispondere ai bisogni dei soggetti che la compongono (es. contrastare lo spopolamento, offrire nuove opportunità lavorative, garantire servizi essenziali, etc.) (Euricse, 2016).
Nella recente ricerca sempre di Euricse dal titolo “Le imprese di comunità in Italia”, vengono tracciate le peculiarità di questi modelli di impresa, aspetti decisamente simili a quelli afferenti alle cooperative di comunità:
• Produrre un beneficio per la Comunità, cioè, realizzare un’azione concreta (la produzione e/o fornitura di un bene/di un servizio) nell’interesse generale di tutta la Comunità di riferimento.
• Garantire la partecipazione della Comunità, cioè, che tutti i membri della stessa devono avere la possibilità di essere coinvolti nel governo dell’impresa. Potersi assumere qualche tipo di responsabilità (gestionale, finanziaria, operativa) e godere (direttamente o indirettamente) dei frutti delle attività realizzate.
• Avere una governance inclusiva, cioè, garantire l’accesso all’organizzazione e alle sue attività da parte di qualunque soggetto (singolo o associato, pubblico o privato) senza alcun tipo di limitazione. Questa può realizzarsi all’interno della base sociale o attraverso appositi strumenti di partecipazione attiva della Comunità che abilitino i soggetti interessati ad influenzare le decisioni e le strategie e azioni dell’impresa.
• Prevedere una limitata distribuzione degli utili e l’indivisibilità delle riserve accumulate negli esercizi precedenti dell’impresa. Secondo questi principi il valore prodotto deve essere utilizzato solo marginalmente per remunerare chi investe del capitale dell’impresa mentre la percentuale maggiore deve essere reinvestita nell’impresa e per lo sviluppo della Comunità.
• La non scalabilità dell’impresa poiché le imprese di comunità sono impegnate nella produzione gestione di beni e servizi di interesse generale. Non deve essere possibile la concentrazione del capitale e la modifica della finalità d’impresa nelle mani di pochi.
Nel territorio regionale, i cosiddetti “Ambiti di applicazione” (ossia le aree ove trova un senso la possibile realizzazione dell’esperienza delle Cooperative di Comunità) sono molteplici e di varie tipologie: in primo luogo le aree montane ed in particolare le cosiddette Aree Interne, soggette a marginalizzazione collegata anche a fenomeni di forte declino demografico, per le quali da alcuni anni esiste una politica nazionale innovativa di sviluppo e di coesione territoriale denominata Strategia Nazionale per le Aree Interne (S.N.A.I.).
Oltre alle Aree Montane e Aree Interne, anche in pianura esistono aree che risentono delle fratture che si sono generate nel corso degli anni tra le aree rurali e quelle urbane, relazioni figlie di politiche di sviluppo troppo spesso miopi: è il caso dei Piccoli Comuni, ma anche delle cosiddette Aree urbane degradate, facenti cioè parte di Comuni dalle dimensioni medio-grandi ma relativi ad aree ove si è verificata una progressiva perdita di servizi e di vivacità.
È importante sottolineare che, anche cambiando le attività, i settori o i territori di riferimento, le Cooperative di Comunità mettono a sistema i seguenti fattori:
• Beni comuni, cioè quell’ambito che non è pubblico, non è privato ma considerato patrimonio comune sia materiale che immateriale;
• Cittadinanza attiva, i cittadini (le persone che più in generale vivono un territorio a vario titolo) e le imprese che si attivano per offrire risposte in termini di servizi ed opportunità che il pubblico non riesce a dare o che il privato singolarmente non può offrire. Persone e imprese si fanno “comunità” assumendo quel ruolo che non è più privato ma che cerca di interloquire con il pubblico quasi a pari livello, in virtù del principio di sussidiarietà orizzontale;
• Interesse generale, che è l’oggetto sociale vero della cooperativa e come tale, è difficile da rinchiudere in un elenco dettagliato di attività che la cooperativa può o non può svolgere, perché ogni comunità lo persegue secondo i propri principi e secondo le opportunità che ha a disposizione.
È altrettanto fondamentale sottolineare come, in caso di possibilità di accesso a contributi, finanziamenti o prestiti, obiettivo peraltro di questa Proposta Di Legge, questi dovrebbero essere considerati come occasione di rafforzamento nello sviluppo dell’impresa e non come motivi per promuovere e/o adattare il progetto al finanziamento; l’avvio di una progettualità imprenditoriale comunitaria non può dipendere infatti dalla mera presenza, temporanea e non stabile, di una fonte di finanziamento, ma deve essere sostenuta da una progettazione partecipata con la cittadinanza e da una sostenibilità organizzativa ed economica perseguita con approccio strategico e competente.
È fortemente auspicabile che la nascita delle cooperative di comunità possa accompagnarsi ad una collaborazione con le amministrazioni locali: si riporta a titolo di esempio l’esperienza dei cosiddetti “negozi di prossimità” che nella Provincia di Trento hanno ottenuto il riconoscimento di S.I.E.G. ossia di “Servizi di interesse generale”; si tratta di punti vendita che in zone periferiche offrono tutta una serie di servizi aggiuntivi mantenendo così vivo il territorio, fornendo servizi che vanno dal recapito di farmaci al servizio bancomat, dall’accesso gratuito a internet al rilascio del permesso funghi o pesca, fino alla ricarica gratuita delle bici elettriche.
In conclusione, la cooperazione di comunità rappresenta una innovativa proposta politica del sistema cooperativo ai territori e alle relative comunità. È stato sottolineato come i legami sociali (capitale sociale e beni relazionali) possono sostenere e promuovere l’innovazione e lo sviluppo, anche economico, delle comunità; la rivitalizzazione dei piccoli paesi nelle aree interne passa, infatti, anche attraverso la ricomposizione di luoghi, persone e storie che ne rappresentano la spina dorsale, la parte più intima e allo stesso tempo più esposta perché segnata da profondi cambiamenti. La dimensione comunitaria e quella imprenditoriale si intersecano virtuosamente, pertanto, per diventare gli ambiti privilegiati per la promozione di soluzioni che mirano a “migliorare la qualità della vita delle persone che la compongono, attraverso la produzione/fruizione di beni e servizi pensati da chi quella comunità la vive quotidianamente”.
Passiamo in rassegna, in estrema sintesi, il contenuto degli altri articoli costituenti la presente proposta di legge.
L’art. 1 definisce le Finalità della PDL, secondo quanto ampiamente sopra descritto
L’art. 2 fornisce una serie di Definizioni e il cosiddetto ambito di applicazione
L’art. 3 illustra le modalità di Costituzione e le attività delle Cooperative di Comunità
L’art. 4 definisce la cosiddetta Comunità di Riferimento
L’Art. 5 identifica i Soci delle Cooperative di Comunità
L’art. 6 individua l’Albo regionale delle Cooperative di Comunità
L’art. 7 definisce i cosiddetti Progetti integrati
L’art. 8 disciplina gli Interventi regionali
L’art. 9 reca le disposizioni finanziarie
L’art.10 riporta la Norma Transitoria per la fase di sperimentazione
L’art. 11 prevede l’Entrata in vigore
Considerata l’importanza della presente Proposta Di Legge, si confida in un rapido esame in
Commissione ed in Aula, auspicando la convergenza unanime delle forze politiche.

Andrea Carli                                                                               Massimo Moretuzzo

Trieste, 16 giugno 2025

Art. 1
(Finalità)
1. La Regione, in attuazione dell’articolo 45 della Costituzione, sostiene il ruolo e la funzione della cooperazione di comunità al fine di contribuire allo sviluppo sostenibile, alla coesione e alla solidarietà sociale delle comunità locali a rischio di impoverimento sociale e demografico, con particolare riferimento a quelle situate in territori montani, marginali e di aree urbane degradate.
2. La Regione promuove e sostiene le Cooperative di Comunità che perseguono lo scopo di soddisfare i bisogni della comunità locale, migliorandone la qualità sociale ed economica della vita, attraverso il mantenimento dei servizi, la creazione di offerta di lavoro, lo sviluppo di attività economiche ecosostenibili.

Art. 2
(Definizioni ed ambito di applicazione)
1. Ai fini della presente legge, sono definite Cooperative di Comunità le società cooperative nate per rispondere ai bisogni e valorizzare le risorse di un’area geografica ben definita, costituite ai sensi degli articoli 2511 e seguenti del codice civile ed iscritte nel Registro Regionale delle Cooperative di cui all’art. 3 della legge regionale 3 dicembre 2007, n. 27 (Disciplina organica in materia di promozione e vigilanza del comparto cooperativo) e nate per rispondere ai bisogni e per valorizzare le risorse di un’area geografica ben definita.
2. Le cooperative di cui al comma 1 perseguono finalità di:
a) Soddisfare i bisogni della comunità locale in cui operano, migliorandone la qualità sociale ed economica della vita attraverso lo sviluppo di attività socio-economiche eco-sostenibili, la valorizzazione di attività culturali, il recupero di beni ambientali o monumentali, la creazione di offerta di lavoro;
b) Il perseguimento dell’interesse generale della comunità in cui operano e promuovono la partecipazione dei cittadini alla gestione dei beni e dei servizi collettivi.
3. Le Cooperative di Comunità stabiliscono la propria sede ed operano prevalentemente:
a). In un Comune rientrante nelle aree interne;
b). In un Comune sito in area montana;
c). In un Comune avente popolazione non superiore a 5.000 abitanti
d) In area urbana degradata;

Art. 3
(Costituzione ed attività delle Cooperative di Comunità)
1. L’atto costitutivo della cooperativa di comunità, fermo restando quanto disposto dall’articolo 2521 del codice civile, indica:
a) la qualifica di cooperativa di comunità oltre la denominazione sociale tipica;
b) la delimitazione dell’ambito territoriale di operatività ed i requisiti di appartenenza o di collegamento dei soci alla propria comunità o territorio;
c) le clausole mutualistiche di cui al primo comma dell’articolo 2514 del codice civile;
d) le modalità attraverso cui garantire il coinvolgimento nelle attività e la partecipazione all’assemblea dei soci, da parte dei soggetti appartenenti alla comunità territoriale di riferimento interessati alle attività della cooperativa;
e) specifici requisiti di onorabilità per coloro che assumono cariche sociali.
2. Gli amministratori ed i sindaci della cooperativa di comunità, nelle relazioni di cui agli articoli 2428 e 2429 del codice civile, specificano i criteri seguiti nella gestione sociale per il conseguimento di benefìci o di altre utilità a favore del territorio o della comunità in cui opera la cooperativa medesima, fermo restando quanto previsto all’articolo 2545 del codice civile.

Art 4
(Comunità di riferimento)
1. Per comunità di riferimento, ai sensi della presente legge, si intendono i comuni e le eventuali circoscrizioni previste dagli statuti dei comuni stessi aventi le caratteristiche di cui alle lettere a, b, c, d del comma 2, articolo 2 della presente legge.
2. La cooperativa di comunità deve essere rappresentativa della comunità di riferimento anche nella compagine sociale effettiva che deve essere rappresentata per almeno il 50% da persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede nel territorio di riferimento della Cooperativa.
3. Qualora il numero dei soci effettivi scenda al di sotto della percentuale di cui al comma precedente deve essere integrato entro un anno, pena la cancellazione dall’albo di cui all’articolo 6.

Art. 5
(Soci delle Cooperative di Comunità)
1. Sono soci delle Cooperative di Comunità:
a) le persone fisiche che hanno fissato la propria sede legale o operativa nella comunità interessata;
b) le persone giuridiche che hanno fissato la propria sede legale o operativa nella comunità interessata
c) le associazioni e fondazioni senza scopo di lucro che abbiano la sede legale nella comunità di riferimento della cooperativa.
2. Non possono beneficiare del sostegno regionale previsto dalla presente legge le Cooperative di Comunità che annoverano tra i titolari di cariche sociali soggetti privi di specifici requisiti di onorabilità come previsti dallo statuto della cooperativa.
3. I requisiti previsti al comma 1 non sono richiesti ai soci finanziatori e sovventori.

Art. 6
(Albo regionale delle Cooperative di Comunità)
1. La Regione istituisce, presso la competente struttura amministrativa, l’Albo regionale delle Cooperative di Comunità, di seguito denominato Albo, a cui gli enti cooperativi in possesso dei requisiti previsti dalla presente legge si iscrivono per ottenere il riconoscimento di cooperativa di comunità.
2. Con apposito regolamento, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure per l’iscrizione e la cancellazione dall’Albo, nonché le modalità di tenuta ed aggiornamento dello stesso.

Art. 7
(Progetti integrati)
1. Le Cooperative di Comunità, per il raggiungimento dei fini sociali e per l’adeguato soddisfacimento delle esigenze della collettività, possono predisporre progetti integrati che riguardano le attività di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 112/2017, nonché quelle previste dalla presente legge.
2. La Giunta regionale, al fine di agevolare le attività delle Cooperative di Comunità nella predisposizione e realizzazione di progetti integrati:
a) individua forme di raccordo delle attività delle Cooperative di Comunità con quelle delle amministrazioni pubbliche, attraverso l’adozione di appositi schemi di convenzione tipo;
b) riconosce nella cooperativa di comunità un soggetto privilegiato per l’attuazione di politiche attive del lavoro finalizzate alla creazione di nuova occupazione;
c) può mettere a disposizione, in comodato gratuito, immobili o aree in disuso di proprietà regionale per progetti di valorizzazione, recupero e riutilizzo degli stessi e promuove analoghe iniziative da parte dei Comuni.

Art. 8
(Interventi regionali)
1. L’Amministrazione regionale è autorizzata a concedere alle Cooperative di Comunità contributi destinati alla realizzazione dei progetti integrati, per promuovere il carattere multifunzionale della cooperativa di comunità, il perseguimento della pluralità di obiettivi sociali ed economici e la possibilità di realizzare più scambi mutualistici.
2. I contributi di cui al comma 1 possono consistere in finanziamenti agevolati, contributi in conto capitale, contributi in conto esercizio ed incentivi alla creazione di nuova occupazione, in relazione al contenuto del progetto integrato.
3. La Giunta regionale stabilisce le modalità di presentazione, i criteri di ammissibilità dei progetti e le spese ammissibili.
4. I contributi di cui al comma 1 sono concessi nel rispetto della normativa dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato e sono cumulabili con i finanziamenti previsti dalla normativa vigente in materia di cooperazione o relativa al settore in cui operano.

Art. 9
(Norma finanziaria)
1. Per le finalità di cui all’articolo 8 è destinata la spesa di 200.000 euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2027, a valere sulla Missione n. 14 (SVILUPPO ECONOMICO E COMPETITIVITA’) – Programma n. 1 (INDUSTRIA, PMI E ARTIGIANATO) – Titolo n. 1 (Spese correnti) dello stato di previsione della spesa del bilancio per gli anni 2025 – 2027.
2. Agli oneri derivanti dal disposto di cui al comma 1, si provvede mediante prelievo di pari importo, per ciascuno degli anni dal 2025 al 2027, dalla Missione n. 20 (Fondi e accantonamenti) – Programma n. 3 (Altri fondi) – Titolo n. (Spese correnti) dello stato di previsione della spesa del bilancio per gli anni 2025 – 2027.

Art. 10
(Norme transitorie)
In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui alla presente norma trovano applicazione, per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, alle sole cooperative costituite nell’area di cui alla lettera a, comma 2, articolo 2 della presente legge.

Art. 11
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.

2694 - CAR PDL Cooperative di comunita

Ne parlano

Andrea Carli

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Andrea Carli
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