Ordine del giorno riportante le motivazioni della non ammissibilità della proposta di referendum UTI

Pubblicato il martedì 05 Lug 2016

ORDINE DEL GIORNO
 
OGGETTO: L.r. 7 marzo 2003 n. 5. Esame di ammissibilità della proposta di referendum abrogativo n. 2 avente ad oggetto “Abrogazione degli articoli da 1 a 20, da 23 a 40 e da 56 a 70 della Legge Regionale dei data 12.12.2014 n. 26 “Riordino del sistema Regione-Autonomie locali nel Friuli Venezia Giulia. Ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali e riallocazione di funzioni amministrative”.
 
FIRMATARI: MORETTI, LAURI, PAVIOTTI
 
Il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia,
VISTO il capo II della legge regionale 7 marzo 2003, n. 5, e successive modifiche, recante la disciplina del referendum abrogativo regionale, in attuazione dell’articolo 12 dello Statuto della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ed in particolare:
– gli articoli 2 e 5, commi da 1 a 4 e comma 8, che nell’attribuire ad almeno 15.000 elettori  il diritto di chiedere e di far svolgere un referendum abrogativo di leggi regionali o di loro parti, condizionano la richiesta e lo svolgimento del referendum ad un preliminare accertamento dell’ammissibilità del referendum stesso, accertamento che deve essere richiesto con una “proposta di referendum” presentata da parte di almeno 500 elettori (detti “promotori”), iscritti nelle liste elettorali di Comuni della regione e appartenenti ad almeno tre circoscrizioni elettorali, per ciascuna delle quali il numero dei promotori non deve essere inferiore a 50, ovvero, qualora il referendum concerna leggi regionali o singole disposizioni di leggi che, per espressa previsione normativa, si applichino solo ad una parte del territorio regionale, residenti, almeno per il 50 per cento, in Comuni rientranti in quella medesima parte, fermo restando il rispetto dei predetti limiti minimi per circoscrizione;
– gli articoli 3, 4, 5, commi 5, 6 e 7, nonché l’articolo 7, comma 2, che definiscono i requisiti formali e sostanziali del quesito referendario che si propone di sottoporre agli elettori;
– gli articoli 6 e 7 che attribuiscono all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale il compito di deliberare sull’ammissibilità della proposta di referendum entro trenta giorni dalla presentazione della proposta stessa, verificando il rispetto dei requisiti di ammissibilità fissati dalle disposizioni sopra richiamate, prevedendo che lo stesso Ufficio di Presidenza debba deliberare all'unanimità dei componenti e che, qualora essa non sia raggiunta, l’argomento sia iscritto di diritto all'ordine del giorno della seduta immediatamente successiva del Consiglio regionale, il quale delibera sull’ammissibilità del referendum, su motivati ordini del giorno presentati nel corso del dibattito e prima della chiusura dello stesso;
VISTA la proposta di referendum abrogativo regionale presentata in data 30 maggio 2016, e il relativo verbale di deposito, registrato al prot. n. 6430, di n. 44 moduli di raccolta ed autenticazione delle firme, tutti recanti il seguente quesito <<Volete voi che siano abrogati gli articoli da 1 a 20, da 23 a 40 e da 56 a 70 della Legge Regionale del 12.12.2014 n. 26 “Riordino del sistema Regione-Autonomie locali nel Friuli Venezia Giulia. Ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali e riallocazione di funzioni amministrative”?>> e tutti recanti altresì l’indicazione dei promotori designati ad esercitare le specifiche funzioni ed adempimenti previsti dalla stessa legge regionale 5/2003, corredati dei certificati elettorali dei sottoscrittori;
DATO ATTO che della presentazione della proposta di referendum è stata data notizia nel BUR del 10 giugno 2016, ai sensi dell’articolo 5, comma 9, della legge regionale 5/2003;
VISTI i processi verbali delle sedute dell’Ufficio di Presidenza del 14 giugno 2016, del 20 giugno 2016, nel corso della quale sono stati uditi i promotori designati indicati nella proposta di referendum, e del 29 giugno 2016, nel corso della quale l’Ufficio di Presidenza, chiamato a pronunciarsi sull’ammissibilità del referendum, non ha raggiunto l’unanimità dei componenti sulla decisione da adottare;
VISTA la memoria depositata agli atti dell’Ufficio di Presidenza dai promotori intervenuti in occasione dell’audizione del 20 giugno 2016, nella quale si sostiene che la proposta referendaria non viola alcuno dei limiti risultanti dalla giurisprudenza costituzionale;
ACCERTATA la regolarità delle sottoscrizioni e delle relative autenticazioni, la presenza dei certificati elettorali e il rispetto dei quorum prescritti dalla legge regionale 5/2003, sia in totale (almeno 500 elettori), sia con riferimento alle singole circoscrizioni elettorali (almeno 50 elettori per almeno 3 delle 5 circoscrizioni elettorali), mentre non rileva il requisito di cui all’art. 5, comma 4, non ricorrendo il presupposto da esso previsto;
RILEVATO che:
– la proposta di referendum propone l’abrogazione dei seguenti diversi gruppi di disposizioni, talune delle quali modificate o aggiunte successivamente:
a) le disposizioni di cui agli articoli 4, 4 bis, 6, 7, 8, comma 7, 9, 10, comma 2, lett. b), 23, comma 1, lett. a), 26, 27, 27 bis, 28, 29, 31, 40, 56, 56 bis, 56 ter, 56 quater,  57, 60 e da 62 a 68, che hanno ad oggetto l’obbligatorietà  o l’incentivazione, attraverso la leva finanziaria, dell’esercizio associato da parte dei Comuni ricadenti nel medesimo ambito territoriale individuato dalla Regione, di una serie di funzioni, mediante il conferimento delle funzioni stesse ad una costituenda Unione di Comuni ovvero mediante l’avvalimento dei suoi uffici da parte dei Comuni stessi (o, ancora, dopo l’ultima modifica approvata il 23 giugno scorso, mediante convenzione);
b) la disposizione di cui all’art. 8, ad eccezione del comma 7, che riguarda il programma annuale per le fusioni dei Comuni;
c) le disposizioni di cui agli articoli 5, 7 bis, da 12 a 20, 24, 56 e 56 bis, che hanno ad oggetto l’ordinamento e l’organizzazione delle Unioni (sostituendo la disciplina previgente di cui all’art. 20, 22 e 23 della L.R. 1/2006 che contemplava l’ulteriore forma associativa delle associazioni intercomunali) e in particolare  definiscono la natura giuridica e il livello di autonomia delle Unioni (art. 5),  disciplinano le modalità dell’eventuale fusione tra Unioni (art. 7 bis),  gli organi istituzionali, l’organizzazione e il personale (art. da 12 a 20),  gli accordi per la programmazione di area vasta transnazionale e transfrontaliera e le altre forme di collaborazione (art. 24), impongono alle Unioni la tutela delle minoranze linguistiche (art. 56 e 56 bis); tutte disposizioni necessarie per la costituzione e il funzionamento di questa particolare forma associativa degli enti locali,  senza che rilevi l’obbligatorietà o l’incentivazione dell’esercizio in forma associata di funzioni  dei Comuni mediante questa forma associativa e che possono ben riguardare anche Unioni di comuni costituite per una libera scelta dei Comuni;
d) le disposizioni di cui agli articoli 32, 34, 35, 35 bis e 61, che hanno ad oggetto la riallocazione di funzioni e risorse delle Province e che prevedono in particolare il trasferimento di una serie di funzioni provinciali alla Regione e ai Comuni per l’esercizio in forma singola o associata (art. 32),  le procedure di ricognizione e dismissione delle funzioni e risorse provinciali, dei rapporti giuridici pendenti e delle partecipazioni societarie delle Province (art. 34, 35 e 35 bis), il trasferimento delle strade provinciali e delle relative funzioni amministrative alla Regione o ai Comuni a seconda del livello dell’interesse  (art. 61); tali disposizioni,  quando trasferiscono funzioni e risorse ai Comuni, prevedono ma non impongono l’esercizio in forma associata attraverso l’Unione;
e) la disposizione programmatica di cui all’articolo 33, che rinvia a future leggi regionali il trasferimento o la delega di funzioni della Regione ai Comuni;
f) le disposizioni di cui agli articoli da 36 a 39, 69, comma 1, lett. b,) e 70,  che riguardano la soppressione delle Comunità montane e disciplinano la successione da parte di altri enti nel patrimonio e nei rapporti giuridici attivi e passivi (art. 36, 37 e 38), dispongono la trasformazione delle Comunità montane in Unioni in caso di coincidenza del relativo territorio (art. 39);  abrogano la legge regionale 14/2011 sulle Unioni dei comuni montani e stabiliscono la provvisoria reviviscenza di taluni articoli della  legge regionale  33/2002 abrogata dalla legge 14/2011, in attesa della soppressione (art. 69, comma 1, lett. b) e art. 70);
g) le disposizioni di cui all’articolo 59, che istituiscono l’Osservatorio per la riforma e che ne disciplinano i compiti e le modalità di funzionamento;
CONSIDERATO che i gruppi di disposizioni sopra elencati, hanno contenuti affatto eterogenei, pur se contenuti nel medesimo atto legislativo, tali da non potersi ricondurre ad una matrice razionalmente unitaria, e che pertanto  il quesito referendario non rispetta il requisito dell'omogeneità, affermato da costante giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. sentenze 16/1978, 27/1981, 47/1991, 64/1990, 65/1990, 12/2014), secondo cui sono inammissibili  richieste referendarie tendenti a sottoporre al corpo elettorale un quesito contenente una pluralità di domande eterogenee, carenti di una matrice razionalmente unitaria, in quanto in tal modo verrebbe coartata la libertà di voto dell'elettore in violazione degli artt. 1 e 48 Cost.;
RILEVATO, altresì, che il quesito proposto non contempla:
– alcune disposizioni della stessa legge regionale 26/2014 che, per la loro finalità, paiono strettamente connesse con il gruppo di disposizioni sopra elencate alla lettera a) (l’art. 42 che destina il supporto finanziario della Regione, in via prioritaria, a favore delle Unioni, in quanto enti di dimensioni ottimali per l'efficiente e funzionale gestione di servizi e l'utilizzo di risorse pubbliche), ovvero alla lettera c) (vedi art. 49, commi 5 e 6, e art. 55 bis, comma 1, lett. a) che attribuiscono talune competenze alle Unioni in materia di centralizzazione degli acquisti da parte degli enti locali);
– alcune disposizioni della legge regionale 18/2015, in materia di ordinamento finanziario delle Unioni territoriali intercomunali, che appaiono essenziali al funzionamento di tali enti e quindi strettamente connesse al gruppo di disposizioni sopra elencate alla lettera c), aventi ad oggetto l’ordinamento di tali enti;
CONSIDERATO, pertanto, che la proposta non soddisfa il requisito della completezza del quesito, anch’esso prescritto dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui la mancata inclusione nel quesito di norme non marginali che disciplinano lo stesso oggetto o istituto, anche se contenute in un altro atto normativo, comporta “un’intollerabile contraddizione, traducendosi in un difetto di chiarezza verso gli elettori” (cfr. sentenze C. Cost. nn. 30 e 42/1997 e n. 27/1981);
RILEVATO, inoltre, che la proposta di abrogazione referendaria riguarda, fra l’altro, le disposizioni della legge regionale 26/2014, dall’articolo 62 all’articolo 68, che sostituiscono la previgente disciplina di cui alle leggi regionali 6/2006 e 17/2014, in materia di esercizio associato da parte dei Comuni delle funzioni e dei servizi di assistenza sociale, prevedendo il passaggio da un esercizio associato obbligatorio mediante convenzione, ad uno parimenti obbligatorio, mediante le nuove Unioni;
CONSIDERATO che le citate disposizioni della legge regionale 26/2004 sono indispensabili per attuare e rendere effettivo il diritto costituzionalmente riconosciuto dall’art. 38, primo comma, Cost., il quale garantisce ai cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale, rientrando quindi nella categoria delle cd. “disposizioni costituzionalmente necessarie”, elaborata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. sentenze 17/1997, 49/2000, 45/2005, 16/2008, 12/2014) e come tali, non abrogabili senza una loro contestuale sostituzione;
CONSIDERATO che secondo consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. sentenze 5/2015, 12/2014, 13/2012, 28/2011, 24/2011, 23/2000, 13/1999, 36/1997, 31/2000 e 40/1997) l’abrogazione per via referendaria non è idonea a far rivivere la legislazione previgente, e pertanto, in caso di esito positivo del referendum si determinerebbe un vuoto normativo non compatibile con l’art. 38, primo comma, Cost.;
CONSIDERATO infine che  il quesito intende abrogare alcune disposizioni (segnatamente gli articoli 4, 4 bis, 6, comma 1, 7, 23, comma 1, lett. a), 26, 27, 56, 56 bis, 56 ter e 56 quater) che costituiscono lo svolgimento necessario di taluni principi della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, come tali vincolanti anche per le autonomie speciali in assenza di apposita clausola di salvaguardia, desumibili dall’art. 14, commi 25-31 quater del d.l. 78/2010 e successive modifiche e che pertanto il quesito stesso viola il limite posto dall’articolo 4, comma 1, lettera c), della legge regionale 5/2003, secondo cui non è ammesso sottoporre a referendum abrogativo “leggi o disposizioni di legge regionale il cui contenuto sia reso obbligatorio […] da norme statali vincolanti per il legislatore regionale”; tali essendo le disposizioni di cui al citato d.l. 78/2010;
CONSIDERATO che gli argomenti adotti nei promotori per sostenere l’ammissibilità del referendum, con riguardo alla reviviscenza nelle disposizioni abrogate o sostituite dalle norme abrogate per via referendaria non risultano convincenti, in quanto contraddetti dalla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, sopra richiamata; mentre per quanto riguarda la asserita assenza di disposizioni di contenuto reso obbligatorio da norme statali vincolanti per il legislatore regionale, si rileva che l’assenza di sanzioni o di termini perentori per l’attuazione di tali norme non ne fa venir meno il carattere giuridicamente vincolante, sul piano della legittimità costituzionale, in quanto norme interposte;
RITENUTO che, per tali motivi, il quesito referendario contenuto nella proposta in esame non rispetta i requisiti previsti dalla legge regionale 5/2003 ai fini della verifica dei requisiti di ammissibilità del referendum, in particolare quelli prescritti dall’articolo 4, comma 2, secondo cui devono trovare applicazione “i principi e gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale sulla non ammissibilità del referendum abrogativo” e dall’articolo 4, comma 1, lettera c), per cui non è ammesso sottoporre a referendum abrogativo “leggi o disposizioni di legge regionale il cui contenuto sia reso obbligatorio […] da norme statali vincolanti per il legislatore regionale”.
DELIBERA
1) di dichiarare, per le ragioni esposte in premessa, inammissibile la proposta di referendum abrogativo regionale in oggetto;
2) di disporre la pubblicazione della presente deliberazione sul BUR entro 10 giorni dalla sua adozione ai sensi e per gli effetti dell’articolo 7, comma 8, della legge regionale 5/2003.

https://gruppopdfvg.it/wp-content/uploads/2021/08/

Ne parlano

Redazione

Ne parlano

Redazione
Redazione

Articoli correlati…