MORETTI: Relazione di minoranza al DDL 24

Pubblicato il venerdì 02 Nov 2018

RELAZIONE DI MINORANZA AL DDL N.24
< Modifiche a leggi regionali in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale e disposizioni in materia di funzione pubblica della Regione>
 
Il disegno di legge n. 24, come peraltro già evidenziato nella discussione in 1^ commissione, manca a parere del gruppo del Partito Democratico del requisito fondamentale per dare un senso logico e politico allo stesso: quello di collegarsi organicamente all’idea di nuovo ordinamento degli enti locali.
Ogni valutazione non può quindi che essere parziale rispetto ad interventi su normative diverse che riguardano il sistema del pubblico impiego regionale e locale.
In attesa di conoscere (non si sa quando) le linee di indirizzo dell’amministrazione Fedriga sulla riforma degli enti locali, ci sentiamo di non condividere gli interventi di abrogazione dell’istituzione dell’albo unico dei dirigenti previsto con legge regionale n. 18/2016 senza che questa sia stata applicata e senza valutarne quindi gli effetti, l’abrogazione delle norme (seppure impugnate dal Governo nazionale) sull’obbligo di assunzione del personale iscritto all’albo dei giornalisti nelle amministrazioni del comparto unico con il contratto nazionale di lavoro giornalistico, nonché l’introduzione – con l’art. 9 – della nomina dei Direttori responsabili delle Agenzie di stampa ARC (Agenzia Regione Cronache) e ACON (Agenzia del Consiglio regionale) da parte rispettivamente del Presidente della Giunta e dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio su “designazione nominativa del Presidente del Consiglio regionale”, sulle quali mi soffermerò rispetto alle loro criticità e anomalie durante la trattazione dello specifico articolo della presente relazione.
Il rischio, assolutamente presente e non banale, sta nelle evidenti forzature presenti in tali norme, che, in contraddizione con la prassi fin qui tenuta, renderebbero di fatto anche la figura del Direttore dell’Agenzia ACON un portavoce del Presidente del Consiglio e non il Direttore responsabile dell’Agenzia del Consiglio regionale, senza che vi sia una scelta dell’Ufficio di Presidenza all’unanimità o con una maggioranza qualificata.
Un discorso a parte merita l’articolo 6, sul quale presenteremo un emendamento (che permetterà al Consiglio una discussione in merito) che istituisce il “Consiglio di indirizzo”, organismo in affiancamento al Direttore Generale nelle linee di carattere programmatorio.
Entrando nello specifico della norma, sull’articolo 1, ci pare doveroso tutelare il principio che un giornalista che svolge il proprio lavoro in un’agenzia di stampa di un ente pubblico debba essere inquadrato secondo il contratto giornalistico, a garanzia delle specifiche qualifiche professionali e deontologiche nonché delle caratteristiche di autonomia, indipendenza e terzietà che deve contraddistinguere l'informazione istituzionale.
Vorrei auspicare che ci troveremo d'accordo sul fatto che, su ambiti di garanzia democratica quale quello informativo, l'ultima parola dovrebbe essere attribuita alla volontà del legislatore.
Ricordo che nel maggio scorso la Federazione Nazionale della Stampa (sindacato unico e unitario dei giornalisti) in quanto tale titolare della contrattazione collettiva prevista dal comma 5 dell’art. 9 della legge 7 giugno 2000 n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) ha sottoscritto, assieme alle altre organizzazioni sindacali del pubblico impiego firmatarie del suddetto contratto collettivo, una dichiarazione congiunta con la quale tali parti “…convengono sull'opportunità di definire, in un'apposita sequenza contrattuale, una specifica regolazione di raccordo, anche ai sensi dell'art. 2, comma 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che provveda a disciplinare l'applicazione della citata disposizione contrattuale nei confronti del personale al quale, in forza di specifiche, vigenti norme di legge regionale in materia, sia stata applicata una diversa disciplina contrattuale nazionale, seppure in via transitoria. In tale sede, potranno altresì essere affrontate le questioni relative alla flessibilità dell'orario di lavoro, all'autonomia professionale, alla previdenza complementare, all’adesione alle casse previdenziali e di assistenza dei giornalisti. Le parti si danno inoltre reciprocamente atto che, in sede di Commissione di cui all'art. 11, i profili di cui all’art. 19 potranno essere oggetto di ulteriore approfondimento finalizzato a una eventuale revisione o specificazione del loro contenuto professionale”.
In merito alle disposizioni della legge regionale n. 5/2018 – impugnate dal Governo nazionale in quanto in contrasto con le disposizioni nazionali – riteniamo che la Regione debba resistere all'impugnazione e non solo sollecitamente adeguarsi. Ciò anche alla luce della dichiarazione congiunta di cui sopra, che, in attesa di definirne la disciplina in un’apposita sequenza contrattuale, congela l’applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 19 recante l’istituzione di nuovi profili per le attività di comunicazione e informazione del contratto collettivo delle funzioni locali.
Inoltre, l’accordo sottoscritto da Fnsi, Aran e organizzazioni sindacali del pubblico impiego impegna, di fatto, tutte le amministrazioni regionali a continuare ad applicare le norme preesistenti, in attesa che sia avviata e conclusa la trattativa tra Fnsi e Aran che dovrà portare alla definizione della regolamentazione dei profili professionali dei giornalisti addetti agli uffici stampa della pubblica amministrazione nella salvaguardia dei rapporti di lavoro in essere. Come peraltro richiesto anche dall'Ordine dei giornalisti e da Assostampa del FVG, è opportuno evitare che un'interpretazione estensiva e zelante di una norma conduca ad azioni unilaterali tese a disconoscere l’applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico.
Con l’articolo 3, il disegno di legge snatura profondamente la legge regionale n. 18/2016 sul pubblico impiego regionale e locale, che introduceva il ruolo dei dirigenti del Comparto unico del pubblico impiego regionale e locale. Senza entrare nel merito delle singole modifiche, va detto come questa proposta va ad incidere su una norma senza che questa abbia potuto trovare ancora concreta e reale applicazione, andando così a stravolgere la legge senza averne valutato concretamente gli effetti.
Di fronte ad uno scenario incompleto (stante la mancanza di un disegno complessivo da parte della Giunta sul versante degli enti locali) e considerato che il contenzioso attivato dalle organizzazioni sindacali di categoria non ha ancora portato ad una valutazione nel merito della norma, riteniamo che vada mantenuta la strada intrapresa con la L.R. n. 18/2016.
La reviviscenza dell’articolo 48 bis della L.R. 18/1996 – prevista con l’articolo 4 – ripristina le norme relative al trattamento spettante al dirigente che sostituisce il direttore centrale: la norma era stata abrogata dalla legge regionale n. 18/2016 proprio nell’ottica dell’introduzione ruolo dei dirigenti del Comparto unico del pubblico impiego regionale e locale che con il presente disegno di legge si vuole superare.
Come anticipato nella relazione, il nostro gruppo presenterà all’articolo 6 un emendamento che prevede, come per gli Enti regionali di diritto allo studio (ERDISU), un organismo collegiale di affiancamento al Direttore Generale, denominato “Consiglio di indirizzo”, con funzioni programmatorie.
Sull’articolo 8 non è chiaro il motivo dell’aumento della percentuale (dal 15% al 20%) per la nomina a direttore generale e direttore centrale di soggetti esterni alla pubblica amministrazione, se non legato a qualche determinata nomina ad personam che l’amministrazione intende fare e che diversamente non potrebbe essere fatta?
Con la modifica proposta all’articolo 9 si va a perdere ogni garanzia di autonomia, indipendenza e terzietà, che deve contraddistinguere l'informazione istituzionale. Ciò in particolare per l’ACON – Agenzia Consiglio Notizie – visto che, in presenza di un Presidente del Consiglio regionale non più espressione della minoranza consiliare, in presenza di un Presidente espressione della maggioranza, non si può dire lo stesso.
Lo stesso vale per il ruolo assegnato dalla norma all’Ufficio di Presidenza che, di fronte alla “designazione nominativa” del Presidente, dovrebbe decidere – su un ruolo così delicato – all’unanimità o in subordine, con una maggioranza qualificata.
L’auspicio è che si possa trovare un accordo tra tutti i gruppi del Consiglio regionale per superare la formulazione proposta dalla Giunta regionale, a garanzia del ruolo dell’Istituzione Consiglio e di una comunicazione istituzionale autonoma, indipendente e terza.
Sul disegno di legge, non condividendo l’impostazione data dalla Giunta in merito al voler intervenire sulla materia senza aver prima definito un quadro complessivo di riferimento sugli enti locali, abbiamo presentato una serie di emendamenti abrogativi e migliorativi del disegno di legge.
 
Diego Moretti

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