Relazione DDL 129 di riordino e semplificazione della normativa del settore terziario e per la sua incentivazione

Pubblicato il martedì 16 Feb 2016

RELAZIONE DI MAGGIORANZA al DDL 129 "Disposizioni per il riordino e la semplificazione della normativa afferente il settore terziario e per l’incentivazione dello stesso"

Signor Presidente, Signori Consiglieri,
il DDL in esame comprende una prima revisione al settore del commercio e del turismo ma, soprattutto, intende avviare un percorso volto alla promulgazione il prossimo autunno di una nuova legge che superi le norme attuali su commercio e turismo e definisca un testo unico sul terziario. La norma attuale sul commercio è stata licenziata oltre 10 anni fa, più volte modificata ed ha, quindi, necessità di essere adeguata in maniera organica ai cambiamenti avvenuti nel settore. 
Questi primi provvedimenti di avvio del percorso di riforma, oltre a disposizioni di coordinamento con norme statali, nuove norme relative agli outlet e ai centri commerciali naturali e di sostegno al settore turistico, comprendono due disposizioni rilevanti per il settore del terziario che hanno come obiettivo quello di indirizzare la successiva riflessione sull’intero comparto.
La prima disposizione riguarda la questione della deregolamentazione delle aperture, la seconda si occupa della riorganizzazione dei Centri di assistenza Tecnica.    
Per quanto riguarda questa ultima disposizione, tengo a sottolineare come una razionalizzazione dei CAT attuali e una loro riorganizzazione sia la premessa per sviluppare un più attento ed efficace sostegno al settore del terziario. La norma prevede la costituzione di un Centro di assistenza tecnica alle imprese del Terziario (CATT FVG) come riferimento per tutta la Regione, il quale si affiancherà ai Centri di assistenza tecnica alle imprese commerciali (CAT). Il CATT FVG diventerà l’unico interlocutore per l’Amministrazione regionale presente in rete nei diversi territori ed eserciterà alcune fondamentali funzioni delegate. In primis la gestione delle risorse regionali a favore del settore che potrà rendere più efficiente e capillare il sistema di sostegno alle imprese; oltre a ciò, sottolineo anche la funzione che riguarda l’organizzazione dei corsi di formazione previsti dalla normativa di settore. La disposizione renderà i corsi omogenei in tutto il territorio della Regione e consentirà un’offerta di servizi più razionale ed uniforme. 
Per introdurre il discorso sulla deregolamentazione delle aperture è necessario accennare a quanto avvenuto negli ultimi dieci anni a livello nazionale. Il legislatore è intervenuto in diverse occasioni con l’intento di semplificare e ammodernare la materia, trasformando radicalmente il suo approccio nei confronti del settore del commercio, attività che rappresenta uno dei nodi essenziali non solo per l’economia in senso stretto, ma anche per lo sviluppo territoriale. 
Questo approccio, prima della riforma Bersani (2006) e dei successivi provvedimenti tesi a liberalizzare del tutto il settore, si concretizzava attraverso una normativa di carattere prevalentemente prescrittivo, in quanto il legislatore si poneva come obiettivo quello di regolamentare il settore per assicurare l’equilibrio fra domanda e offerta. I vincoli di legge rappresentavano una garanzia per la libera circolazione delle merci. 
Il nuovo corso, che giunse a maturità soprattutto con il Decreto Salva Italia del Governo Monti (201/2011), spinse, invece, definitivamente verso la deregolamentazione che si concretizzò in modo più profondo nel regime di totale libertà nella scelta relativa alle aperture e agli orari degli esercizi commerciali: si affidò direttamente al mercato il compito di regolamentare se stesso, non ponendo alcun limite alle chiusure per festività e domeniche, né all’orario di apertura.  
In generale, la scelta della liberalizzazione e della rimozione di molti vincoli di legge, che potevano generare storture all’interno del mercato, era giustificata dalla condivisibile necessità di assicurare la piena concorrenza e di tutelare i consumatori. Infatti, mercati troppo regolamentati possono generare prezzi elevati per il consumatore finale e “inquinare” il mercato stesso. 
Tuttavia, nella sua reale applicazione la liberalizzazione ha avuto esiti diversi. L’esperienza di oltre 10 anni di totale deregolamentazione ha insegnato che un mercato privo di regole può portare a limitazioni dello stesso principio di concorrenza, che inizialmente si voleva tutelare, principio fondamentale per lo sviluppo del settore commerciale. Libertà di iniziativa economica e concorrenza non si traducono tout court in totale assenza di regolazione, soprattutto quando questa è diretta ad evitare processi di concentrazione all’interno di una forma di mercato. La totale assenza di regole ha condotto infatti ad un disequilibrio fra piccole e grandi strutture, con un deciso sbilanciamento a favore di queste ultime. 
Neppure l’auspicata crescita dei consumi, prevista con il varo del Decreto Legge 201 del 2011, non ha in realtà prodotto effetti rilevanti sulla ripresa. Dalle analisi condotte da Confesercenti e Confcommercio sull’andamento delle vendite, sulle cessazioni degli esercizi e sull’incremento dell’occupazione, analisi relative ad un arco di tre anni (2012-2015), si evince che la politica della totale deregolamentazione non ha portato ad una significativa ripresa dei consumi. Certamente, e lo sottolineano anche le analisi e i dati riportati dalle confederazioni citate, la mancata ripresa del settore è legata anche alla crisi economica in atto, ma risulta allo stesso modo evidente che la politica delle aperture indiscriminate ha introdotto elementi di forte sofferenza nel settore delle piccole e medie strutture di vendita a vantaggio delle grandi strutture. Per le prime, a livello nazionale tra il 2012 e il primo quadrimestre del 2015, il saldo negativo fra aperture e chiusure è stato di ben 73.653. Questo andamento negativo, inoltre, continua a provocare effetti sociali indesiderati, dovuti al fenomeno della desertificazione delle città e dei paesi, con impatti rilevanti soprattutto nelle zone rurali e montane. In questo contesto anche il settore turistico, soprattutto nei centri storici, risente dell’impoverimento del tessuto commerciale. 
I dati regionali confermano l’andamento nazionale con una tendenza che vede un leggero miglioramento dal 2014, anno in cui hanno chiuso i battenti 1674 attività, al 2015, che ha visto un trend negativo per un migliaio di negozi. 
Nel corso degli ultimi anni le politiche di molte regioni italiane hanno rilevato, in maniera diversa, le deviazioni prodotte dalla norma nazionale sulla liberalizzazione degli orari e dalla visione dogmatica del concetto di libera concorrenza e sono, in qualche modo, “corse ai ripari”, individuando settori sui quali intervenire per apportare dei correttivi. E’ importante sottolineare come a livello delle regioni, siano state infatti licenziate una serie di disposizioni tese ad elaborare politiche di equilibrio fra le diverse tipologie di offerta commerciale fra grande distribuzione, media distribuzione e commercio di vicinato con strumenti di carattere diverso: dalla riqualificazione della rete commerciale come fattore di rivitalizzazione urbana, al sostegno all’attività del terziario in zone disagiate. Disposizioni del tutto legittime.  
Le politiche regionali vanno perciò ad assumere un carattere compensativo, a fronte degli “effetti indesiderati” prodotti dal regime di liberalizzazione totale o assumono un ruolo di indirizzo nei confronti delle diverse tipologie di attori operanti nel terziario.
Inoltre le Regioni stesse hanno avviato anche un percorso di volontà di revisione della norma nazionale: la nostra Regione assieme al Lazio, Piemonte, Veneto, Sicilia, Lombardia, Sardegna e Toscana, intervengono a suo tempo impugnando in particolare l’articolo 31, comma 1, del DL n.201/2011. Azione che verrà rigettata dalla Corte Costituzionale nel 2012.
L’azione delle regioni e delle associazioni di categoria che puntano ad una revisione della norma nazionale, ha una sua ragionevolezza anche alla luce di quanto, di fatto, avviene nei Paesi europei. Il continuo richiamo al rispetto della normativa comunitaria, contenuta nell’articolo 31 del Decreto Salva Italia, ha, infatti, trovato un’applicazione molto varia nei diversi Stati europei. Dalla totale chiusura nei giorni festivi e nelle domeniche praticata in Paesi a noi contermini come l’Austria, che applica deroghe in zone turistiche o alla Francia che prevede chiusure festive e domenicali corredate da tutta una serie di deroghe diversificate, oppure ancora alla Spagna che affida la regolamentazione degli orari di apertura nei giorni festivi alle diverse regioni, ci si accorge allora che i Paesi europei si muovono secondo regimi fra i più vari, a dispetto dell’auspicata totale liberalizzazione che si ritroverebbe nelle indicazioni comunitarie. Analizzando le diverse normative applicate in Europa, quello che vale la pena di sottolineare è il fatto che nella gran parte dei Paesi prevale la regola generale della chiusura domenicale e nei giorni festivi con deroghe rispetto ad orari, zone turistiche e superfici. Soltanto l’Italia in Europa applica un regime di completa liberalizzazione.
Il Parlamento sta esaminando il disegno di legge <<Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali>> che prevede dodici giornate di chiusura obbligatorie ed è attualmente all'esame della X Commissione del Senato (S1629). Proprio in relazione al fatto che il legislatore nazionale sia in procinto di affrontare il nodo della deregolamentazione, abbiamo ritenuto importante introdurre nel DDL 129 la previsione di alcune giornate di chiusura obbligatoria nell’arco dell’anno. In particolare, alcune festività civili e religiose che esprimono il nostro portato culturale e storico. 
Siamo consapevoli che questa disposizione potrà andare incontro al rischio di impugnazione da parte del Governo. Ma crediamo anche che la necessità di una regolamentazione di base nel settore commerciale, si ponga oggi come uno degli obiettivi urgenti per la politica, soprattutto in un momento come questo in cui assistiamo ad una riduzione del tessuto imprenditoriale e ad un cronico rallentamento dei consumi, per quanto riguarda strettamente l’ambito economico, e ad un crescente impoverimento sociale e sul fronte dei diritti dei lavoratori per quanto concerne un ambito più generale. Dobbiamo trovare un giusto equilibrio fra i bisogni dei consumatori e i diritti dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi della piccola distribuzione. 
Ricordo che dopo la pubblicazione del Decreto Salva Italia, sono fioccati i pronunciamenti della Corte costituzionale e della giurisprudenza amministrativa per censurare leggi regionali e provvedimenti comunali elusivi dei nuovi principi, in quanto andava ribadita l'assoluta libertà degli esercenti in materia. Ricordo anche le proteste di Comuni, di associazioni di categoria e le raccolte di firme contro quella che è stata definita una liberalizzazione "selvaggia” per chiedere la rivisitazione della norma. 
Infine, sottolineo che oltre ad essere legislatori, siamo anche qui in rappresentanza della comunità regionale. Da questo punto di vista ritengo che il nostro operato debba a volte esprimersi anche attraverso gesti simbolici forti, nei quali sono certamente la passione politica e l’attenzione verso i mutamenti sociali a prevalere. 

Al Titolo I, capo I, articoli da 1 a 3 sono contenute le norme relative alle giornate di chiusura obbligatoria per tutti gli esercizi commerciali.
Sempre al capo II, gli articoli da 4 a 10 prevedono le disposizioni relative alla riorganizzazione dei CAT e l’istituzione del Centro di assistenza Tecnica FVG (CATT FVG).
Al Titolo II, gli articoli da 11 a 31 comprendono norme che modificano la legge regionale 29/2005 accogliendo adeguamenti tecnici suggeriti da disposizioni nazionali successive.
Il Titolo III contiene disposizioni dirette a promuovere lo sviluppo del terziario negli ambiti del turismo, del commercio, strutture ricettive e consorzi.
Auspico che il Consiglio esprima con voto favorevole e unanime per questo provvedimento, in quanto l’unanimità dell’Aula sicuramente potrebbe rappresentare un segnale chiaro per il nostro Governo ad accelerare i tempi per l’approvazione della norma nazionale relativa agli orari di apertura degli esercizi commerciali.

Renata BAGATIN

Trieste, 16 febbraio 2016

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