CARLI: Relazione di minoranza sul DEFR 2025

Pubblicato il venerdì 19 Lug 2024

Relazione di minoranza sul Documento di economia e finanza regionale 2025

Presentato dalla Giunta regionale il 26 giugno 2024

Egregio Presidente, Gentili Colleghe e Colleghi,
il Documento di Economia e Finanza Regionale 2025 presentato in occasione della discussione dell’Assestamento di bilancio estivo 2024 non si discosta molto rispetto a quanto già redatto un anno fa in occasione del primo atto di programmazione economico-finanziaria della nuova legislatura, ma anzi ne riporta quasi integralmente in molti paragrafi quanto scritto per il DEFR 2024; ciò di per sé non rappresenta un aspetto negativo, va semplicemente interpretato come la volontà da parte dell’amministrazione regionale di perseguire i medesimi obiettivi.
Con questa premessa si potrebbe confermare il giudizio già espresso lo scorso anno, ma è necessario che tale valutazione sia inquadrata ed aggiornata nell’ambito di una situazione socio-economica regionale in evoluzione, in modo da poter comprendere a fondo non solo le dinamiche che hanno portato a determinati risultati, ma soprattutto per rivalutare gli obiettivi futuri del DEFR rispetto ai cambiamenti in atto.
I dati contenuti nel documento evidenziano un PIL regionale cresciuto nell’anno 2023 a ritmi minori del 2022. Analogamente per il 2024 il trend sarà il medesimo, un aumento quasi per inerzia salvo il buon andamento delle esportazioni che segnano una buona ripresa.
Ma se guardiamo all’interno dei singoli settori, mentre i Servizi continueranno a crescere anche nel 2024, l’Industria sembra segnare il passo confermando il rallentamento del 2023. Non è certo un buon segnale. Un elemento incoraggiante è rappresentato dal rallentamento dell’inflazione: i prezzi al consumo crescono a ritmi molto inferiori rispetto agli anni precedenti evitando di peggiorare ulteriormente la capacità di spesa delle famiglie, già duramente provate da un periodo di crescita a due cifre dei prezzi sui beni di prima necessità, a fronte di retribuzioni rimaste pressoché immobili da decenni.
Certamente positivo è il fatto che l’occupazione si manterrà sui livelli attuali (grazie al comparto dei servizi mentre modesta sarà la crescita nell’industria e in calo nelle costruzioni). Il tasso di occupazione è previsto passare dal 68,8% del 2023 al 69,7% del 2024 mentre quello di disoccupazione dovrebbe collocarsi sul 4,2%, dato sicuramente apprezzabile ma che non può essere visto semplicisticamente come il risultato di azioni efficaci in politica economica: più realisticamente, vanno tenute in conto le attuai dinamiche demografiche per le quali il flusso di persone che in questi anni stanno andando in pensione risulta di gran lunga superiore ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Questo aspetto incide certamente in modo positivo sulla percentuale degli occupati, ma presenta questioni dirimenti per il futuro economico del nostro territorio che vanno affrontate subito e con grande responsabilità.
Primo aspetto fondamentale: i salari sempre più “poveri”. Non possiamo non rimarcare il fatto che nel DEFR 2025 manchi il necessario passaggio su questo importantissimo tema, evidenziato sia dall’OCSE che dalla Banca d’Italia nei rispettivi report annuali: “Stipendi, il record negativo dell’Italia. Retribuzioni reali sotto del 6,9% rispetto al 2019”.
L’Italia dei record di occupazione – che, come detto, trovano buone spiegazioni in ragioni demografiche – non riesce a scrollarsi di dosso il problema della mancata crescita dei salari. Un record al contrario, una maglia nera nella truppa delle economie più avanzate. I dati aggiornati al primo trimestre 2024 confermano il primato negativo dell’Italia per i salari reali, cioè al netto dell’inflazione: con un -6,9% rispetto al quarto trimestre 2019, ovvero prima dello scoppio della Pandemia, il Belpaese è il peggiore nell’area euro (-2% la Germania, +0,1% la Francia), terzultimo fra i 38 paesi dell’Ocse superato in peggio solo da Repubblica ceca e Svezia.
La stessa Ocse evidenzia il fatto che in Italia i salari reali risultino di fatto stagnanti dal 1991 al 2023 (+1%) contro il 32,5% della crescita media dei Paesi dell’organizzazione parigina.
Nelle sue “Considerazioni finali” (consueta relazione sull’andamento dell’anno precedente), lo scorso mese di maggio il governatore di Banca d’Italia Panetta ha ricordato che le imprese hanno spazio (grazie agli utili) per invertire la china dei salari senza surriscaldare i prezzi: “I minori costi degli input produttivi intermedi e i cospicui profitti sin qui accumulati consentono alle imprese di assorbire la crescita salariale senza trasferirla sui prezzi finali”.
La nostra Regione può e deve essere alla regìa di queste dinamiche economiche, con una precisa strategia di crescita economica che tenga conto non solo dell’imprescindibile ruolo delle nostre imprese, ma che finalmente possa considerare anche la crescita dei redditi dei lavoratori in ragione della produttività delle aziende stesse. Da questo punto di vista, il DEFR 2025 risulta del tutto carente: non solo ignora la necessità di affrontare la questione del “lavoro povero”, ma non accenna minimamente alcuna strategia di politica economica (più volte sollecitata), se non dichiarando l’inizio di un percorso di ricognizione (sistema conoscitivo dell’andamento del sistema economico produttivo della regione) che verosimilmente sarebbe stato ragionevole effettuare già da tempo e che ne richiederà ancora molto poiché si definisce la necessità di creare un Centro studi dedicato.
E non va trascurato il fatto che questo aspetto non riguarda solo le famiglie che, pur lavorando, faticano ad arrivare alla fine del mese: tale argomento riguarda la difficoltà per le prospettive di vita dei giovani, motivo per cui molti di loro ritardano il progetto di costituire la loro famiglia, oppure vanno all’estero per stipendi più giusti, ma lasciando il loro cuore nell’amato Friuli. Sono loro i nuovi emigranti: per carità, non più nelle miniere o nei cantieri, o a servizio nelle case. Moltissimi, possiamo dire la stragrande maggioranza, hanno studiato duramente nelle nostre scuole ed università ed ora stanno percorrendo carriere di successo all’estero in molteplici settori, ma sarebbero ben felici di poter mettere le loro professionalità a servizio di imprese locali. La futura predisposizione del cosiddetto Piano strategico per l’economia del FVG dovrà tenere in conto anche questo aspetto, andando oltre le attuali azioni (certamente apprezzabili) rappresentate dal sostegno alle aziende attraverso fondi di rotazione, anticipazione e contributi per gli investimenti: azioni che rappresentano una condizione necessaria ma non sufficiente allo sviluppo futuro per le ragioni sopra descritte.
Un secondo aspetto fondamentale (parzialmente legato al precedente) che avrebbe certamente meritato maggiore spazio in questo DEFR 2025 riguarda la popolazione in difficoltà: la crescita economica sta determinando un aumento medio della ricchezza, ma allo stesso tempo aumentano le differenze tra le classi sociali più agiate e le fasce più povere. Parafrasando Trilussa, forse i polli sono anche diventati tre in FVG, ma ci sono ancora molte persone il cui piatto è vuoto…
Il rapporto diffuso dal Centro Caritas dell’Arcidiocesi di Udine, redatto dall’Osservatorio sulle povertà e risorse e presentato qualche giorno fa, evidenzia il fatto che in FVG come altrove cresce la popolazione in difficoltà: nella sola mensa dell’arcidiocesi di Udine nel 2023 sono state 1.617 le persone che hanno beneficiato del servizio, 755 in più rispetto al 2022, e sono stati 109.613 i pasti prodotti contro i 96.867 del 2022. Lo stesso vale per vari servizi come i centri di ascolto l’asilo notturno, la mensa, gli empori solidali.
Al di fuori di considerazioni di carattere ideologico, risulta piuttosto evidente agli operatori sociali il fatto che l’abolizione del reddito di Cittadinanza da parte del governo nazionale sia stato sostituito da altri provvedimenti i cui meccanismi faticano ancora a dare risposte efficaci e tempestive alle vere povertà: la nostra Regione ha tutti gli strumenti per poter sostenere un progetto di ampio respiro per dare dignità anche agli ultimi delle nostre comunità.
La questione demografica resta uno dei nodi cruciali per il futuro del Friuli Venezia Giulia: i dati confermano il drastico calo delle nascite che determina un saldo naturale fortemente negativo, compensato da un saldo migratorio che per la prima volta da parecchio tempo ha determinato un complessivo aumento dei residenti in regione: tale aspetto è da considerarsi positivo tenuto conto del fatto che solitamente si tratta di popolazione in età lavorativa che aumenta la capacità produttiva regionale e alimenta i settori che sono in deficit di manodopera; tuttavia va sottolineato che si tratta di un fenomeno che presenta estrema variabilità (l’afflusso migratorio risulta concentrato in alcuni territori, mentre sono molti i Comuni che continuano a mantenere una chiara tendenza orientata alla decrescita demografica, soprattutto in montagna), e allo stesso tempo vanno elaborate in prospettiva delle linee chiare per consentire ai nuovi arrivati e alle loro famiglie il miglior percorso possibile di integrazione nella comunità regionale.
Dal punto di vista dell’analisi socio-demografica, il DEFR 2025 contiene dati interessanti su cui riflettere per poter orientare al meglio le scelte di politica regionale sul medio-lungo periodo: si evidenzia un aumento del numero di famiglie con un numero medio di componenti sempre più basso, si evidenziano meno coppie con figli, più coppie senza, come conseguenza dell’invecchiamento della popolazione, dell’incremento dell’instabilità coniugale e della bassa natalità. Tutto ciò non rappresenta certamente una novità, ma una tendenza di medio periodo che richiede delle azioni incisive e concrete per poter essere invertita o quantomeno rallentata e accompagnata, come ad esempio sul tema dell’invecchiamento, sul crollo delle nascite, sui giovani.
Potremmo ripetere quanto già scritto e detto lo scorso anno, ma a maggior ragione oggi, riteniamo che l’inversione dell’attuale tendenza demografica vada perseguita attraverso precisi obiettivi che rendano attrattiva la nostra regione verso chi vorrà venire a vivere e lavorare nelle aziende del territorio. Per fare questo serve fornire servizi adeguati alle esigenze delle famiglie e politiche abitative mirate, legate anche alle strategie di sviluppo delle aziende. Senza una revisione della disciplina in materia di politiche abitative questa regione è destinata a invecchiare e impoverirsi molto velocemente.
Nelle pagine di questo documento di programmazione non ritroviamo, e ce ne rammarichiamo, una esplicitazione di azioni e strategie volte ad affrontare e risolvere le questioni sopra citate: dopo quasi sette anni di governo, e soprattutto una dotazione finanziaria mai vista in passato, ci saremmo aspettati qualche atto concreto, qualche informazione più definita rispetto alla riforma sociosanitaria regionale più volte accennata dalla Giunta; almeno le linee guida di un Piano che potesse in qualche modo essere valutato e condiviso dal Consiglio regionale.
Tutto sembra ancora rinviato e non resta che attendere le novità preannunciate in questi giorni dal Presidente della Giunta regionale; ma il tempo non aspetta.
Vale la pena soffermarsi ancora su un paio di punti di particolare interesse, al fine di evidenziare la necessità di una maggiore visione di lungo periodo per i futuri documenti di programmazione regionale.
La prima riguarda gli aspetti ambientali. Negli obiettivi presenti del DEFR va riconosciuto alla Direzione competente uno sforzo per aggiornare una gran mole di Piani (estrattivo, energetico, dei rifiuti, rischio alluvionale, etc.); allo stesso tempo, le piogge di questa prima parte dell’anno sembrano aver fatto dimenticare nel DEFR 2025 la necessità di creare invasi per la raccolta delle acque, opere per le quali è necessaria una pianificazione pluriennale supportata da risorse economiche che non possiamo attendere unicamente dal Governo o dall’Unione Europea.
La seconda è relativa all’assetto degli Enti Locali, a cui è dedicata meno di una facciata nel Documento di programmazione regionale.
Per la situazione dei Comuni viene riservata UNA RIGA a pagina 112: “tra gli obiettivi rientra sicuramente il rafforzamento amministrativo degli Enti Locali”. Non un accenno sulla difficoltà di trovare amministratori (basta fare in modo che gli attuali sindaci possano essere eletti all’infinito), non un accenno sulla inadeguatezza di molti uffici comunali, non certo per mancanza di volontà di dipendenti ed amministratori: tutto ciò rende moltissimi Comuni incapaci di impegnare le enormi risorse economiche trasferite loro dal bilancio regionale (e non solo), con il conseguente progressivo aumento dell’avanzo di bilancio.
Date le sempre maggiori disponibilità regionali che si trasformano (fortunatamente) in contributi spesso destinati ai Comuni, senza un pensiero concreto sulla riorganizzazione dei Comuni stessi tutto ciò si tradurrà sempre più in risorse non spese, progetti inattuati, benefici non concretizzati: parafrasando una parabola evangelica, saranno accumulati talenti messi sottoterra anziché messi a frutto.
Al contrario, nelle stesse pagine risulta assai notevole l’attenzione con cui il DEFR 2025 si concentra sul futuro delle nuove province elettive, tanto che nel documento programmatorio viene posto un forte accento sulla necessità di affrontare al più presto il tema dei collegi elettorali.
Una valutazione serena e priva di preconcetti ideologici renderebbe del tutto evidente che non sarà certo l’introduzione delle Province elettive a risolvere i problemi dei Comuni, per i quali la questione va affrontata al più presto e senza ulteriori rinvii, con coraggio e lasciando in disparte le questioni del recente passato.
In conclusione, può essere comprensibile che la Giunta valuti positivamente i risultati ottenuti facendone motivo di orgoglio; tuttavia sarebbe opportuno non indugiare troppo su allori basati prevalentemente sul consenso sin qui ottenuto, al fine di traguardare il futuro a medio termine e impegnarsi fin da subito ad affrontare concretamente i segnali socio-economici sopra sommariamente richiamati, intervenendo celermente per la parte di propria competenza, al fine di poter ottenere in futuro un bilancio sociale incoraggiante al pari di quello economico.
In sintesi, il documento presentato non può essere considerato soddisfacente, sia dal punto di vista delle premesse che soprattutto quello del merito delle questioni affrontate. Ci saremmo aspettati ben altre prospettive e idee su cui confrontarci. Non ci stancheremo mai di dire che a fronte della enorme mole di risorse a disposizione dovremmo discutere su progetti e idee innovative di portata davvero pluriennale.
In sede di dibattito in aula non faremo certamente mancare i nostri contributi costruttivi, come sempre peraltro fatto, consapevoli delle enormi risorse disponibili nel bilancio regionale che richiedono responsabilità di scelta per essere all’altezza delle importanti sfide del futuro.

Andrea Carli

Trieste, 19 luglio 2024

1516 - CAR Relazione MIN_DEFR2025

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