BOLZONELLO: Relazione di minoranza sul Disegno di legge n. 123

Pubblicato il giovedì 28 Gen 2021

Relazione di minoranza sul Disegno di legge n. 123 Disposizioni per la modernizzazione, la crescita e lo sviluppo sostenibile verso una nuova economia del Friuli Venezia Giulia (SviluppoImpresa), abbinato alla Proposta di legge n.19 Contributi ai piccoli Comuni per incentivare l’utilizzo dei “Buoni spesa solidali" e agli Stralci n. 73-01 Contributi per la realizzazione di interventi relativi a fabbricati produttivi a destinazione industriale, artigianale o commerciale e n. 94-01 Modifica dell’articolo 6 della legge regionale 3/2015 concernente incentivi
all’insediamento in zone montane

Signor Presidente, signor Assessore, colleghi Consiglieri,
il 28 febbraio 2020 iniziavo, a nome del Gruppo Consiliare del Partito Democratico, la relazione di minoranza al DDL 80 con queste parole:
“è con grande senso di responsabilità che il Gruppo Consiliare del Partito Democratico si approccia alla discussione del DDL 80 –  Disposizioni per lo sviluppo del settore manifatturiero, per la riqualificazione dell’offerta turistica e commerciale e riforma dell’accesso al credito (SviluppoImpresa). Senso di responsabilità che deriva dalla consapevolezza che, pur nella differenza di ruolo e di visione, vi è l’esigenza di un approccio non ideologico rispetto alla necessità del settore produttivo del Friuli Venezia Giulia alla luce della situazione economica nazionale ed internazionale.”
Undici mesi dopo, mentre mi accingo a scrivere la relazione di minoranza al “DDL 123 – Disposizioni per la modernizzazione, la crescita e lo sviluppo sostenibile verso una nuova economia del Friuli Venezia Giulia (SviluppoImpresa)“, quell’incipit diventa ancora più pregnante.
Undici mesi durante i quali le nostre vite sono cambiate radicalmente a causa della più grave crisi epidemiologica mondiale degli ultimi cento anni, pandemia che ad oggi ha già fatto oltre 83.000 morti nel nostro Paese e oltre 2 milioni nel pianeta. Pandemia che ha sconvolto l’economia globale e, a cascata, quella di quasi tutti i player internazionali sino ad arrivare al nostro Friuli Venezia Giulia.
Ecco allora che, mantenendo inalterato quel senso di responsabilità che deriva dalla consapevolezza che, pur nella differenza di ruolo e di visione, vi è l’esigenza di un approccio non ideologico rispetto alla necessità del settore produttivo del Friuli Venezia Giulia alla luce della situazione economica nazionale ed internazionale, questa relazione si articolerà attraverso una premessa generale che, oltre al contenuto del DDL, esaminerà anche, in modo succinto, il contesto economico mondiale, europeo e nazionale, rispetto alle esigenze del nostro territorio regionale. Si passerà poi alle macro criticità del DDL 123 e all’esame dell’articolato per titoli e capi. Si continuerà la relazione con l’esposizione di una serie di proposte aggiuntive e migliorative del DDL ed infine vi saranno le conclusioni.

Premessa generale
Il DDL 123 ‘SviluppoImpresa’ arriva all’attenzione dell’Aula undici mesi dopo il DDL 80, nella più difficile stagione per l’economia del nostro Paese dal secondo dopoguerra ed in un clima di profonda incertezza socioeconomica mondiale. Tutti gli scenari che abbiamo commentato all’inizio del 2020, siano essi internazionali, nazionali o regionali, sono stravolti e superati, così come le azioni che si pensava dovessero essere messe in campo ed è un dato di fatto l’indebolimento del posizionamento della manifattura del FVG nei mercati internazionali, il crollo del flusso turistico, la grande sofferenza del comparto commerciale, con eccezione dell’alimentare, e una difficoltà nel mondo agricolo con particolare sottolineatura per il comparto vitivinicolo.
La pandemia da Covid 19 impatta ancor di più sulla diminuzione del PIL a livello mondiale, ad eccezione della Cina, e ha aumentato il rischio recessione globale. Tutti gli analisti sono concordi nel tracciare una situazione preoccupante anche per il 2021 ed il 2022, tanto da prevedere una perdita a fine 2022 pari a 4/5 anni di crescita per reddito pro capite reale (fonte OCSE). E’ realistico prevedere per il 2021 una diminuzione del 7% del commercio mondiale, una diminuzione del 12% degli investimenti, un aumento della disoccupazione dell’1,7% da aggiungersi all’aumento del 2020 che ha portato la media nei paesi OCSE al 7,25%, una forte deflazione con un’inflazione negativa di almeno 1,25% sui prezzi al consumo (fonte OCSE).
Anche a livello europeo la situazione si conferma in tutta la sua gravità. Il 5 novembre  2020 la Commissione europea ha pubblicato le sue previsioni economiche d'autunno per il 2020 che sono base di ragionamento per il 2021. Le stesse prevedono per l'economia dell'UE una contrazione del 7,4% nel 2020, prima di una ripresa negli anni seguenti. Si prevede tra l’altro che il tasso di disoccupazione aumenti dal 6,7% del 2019 al 7,7% nel 2020 e all'8,6% nel 2021.
A livello nazionale la situazione è in continuo cambiamento vista la recrudescenza della pandemia in corso. Basti pensare che la Nota di Aggiornamento al DEF (NADEF), redatta prima che fosse disponibile il dato sul PIL nel terzo trimestre, prevede per il 2020 una flessione del prodotto del 9 per cento. Nel 2021 il PIL salirebbe del 5,1 per cento, nel 2022 del 3,0 per cento. Si tornerebbe al livello del 2019 solo nel 2023. La stessa NADEF presenta anche uno scenario di recrudescenza dell’epidemia, dove aumentano fortemente contagi e ricoveri, si reintroducono misure restrittive, i vaccini ritardano (situazione attuale). In questo scenario, anche per effetto della debolezza del commercio mondiale, il PIL scende del 10,5 per cento nel 2020, per poi crescere dell’1,8 per cento nel 2021 e del 6,5 per cento nel 2022. Ebbene, anche questo secondo e più tragico scenario sta lasciando il posto a numeri ancora peggiori.
Sul livello regionale basti citare la relazione del novembre 2020 sulle tendenze macroeconomiche redatto dall’Amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia con le previsioni Prometeia di ottobre 2020. Il PIL del FVG, a valori correnti, si attesterà a fine 2020 a 35,5miliardi di euro, perdendo quasi 3,2 miliardi nel confronto con un anno prima. Rispetto al resto d’Italia, in FVG pesano di più le esportazioni, la spesa turistica e i settori interessati dal lockdown, in termini sia di occupazione sia di volume d’affari, e ciò determina un impatto dell’epidemia di Covid-19 sull’economia locale di intensità lievemente superiore alla media nazionale. Il PIL regionale è previsto ridursi del 9,8% nell’anno in corso, per il 2021 è previsto un rimbalzo del 6,3% e per il 2022 un incremento del 2,8% in linea con l’andamento dell’economia nazionale. Purtroppo, in linea con i dati europei e nazionali, le stime appena esposte stanno peggiorando a causa della recrudescenza della pandemia.
Solo per dare un ulteriore visione d’insieme delle problematicità della nostra Regione, e ribadendo la tendenza al peggioramento dei dati come confermato da tutti gli istituti di ricerca, riportiamo anche: la spesa per consumi delle famiglie FVG è prevista in calo dell’11,5% (-2,7 miliardi di euro correnti) nell’anno in corso, e nel 2021 il recupero sarà del 7,1%. Gli investimenti fissi lordi perderanno in regione il 12,1% (quasi -915 milioni di euro in valori correnti) e il recupero nel prossimo anno sarà pari all’11,2%. In merito al commercio estero, l’export si contrarrà nel 2020 dell’11,5% (-1,7 miliardi di euro) e recupererà  l’11,7% nel 2021, l’import si contrarrà fino al -18,2% (-1,5 miliardi) per recuperare il 12,6% l’anno prossimo. L’industria in senso stretto perderà il 14,3% (-1 miliardi di euro correnti), per recuperare il 13,9% nel 2021, le costruzioni perderanno il 12,6% (-191 milioni) e recupereranno il 12,3%. Ingenti saranno le perdite nei servizi, -8,5%, pari a -2,0 miliardi di euro correnti, e nel 2021 il recupero sarà del 3,9%. Per l’agricoltura si stima un -0,6% e un +1,5% l’anno prossimo. Complessivamente il valore aggiunto regionale perderà nel 2020 il 9,9%, pari a 3,3 miliardi di euro correnti. La disoccupazione salirà dal 6,1% al 6,9%, toccherà l’8,5% nel 2021 e si manterrà oltre il 7% nel biennio successivo.
A questo succinto quadro globale, dobbiamo aggiungere che a partire dal 2021 dovremo confrontarci con quanto comporterà l’avvenuto accordo sulla Brexit.
Va sottolineato anche come la pandemia da Covid19 abbia sconvolto ulteriormente i ragionamenti in materia di denatalità o macronatalità, fondamentali per la tenuta socioeconomica del pianeta.
Solo come titolo, anche se molto ci sarebbe da scrivere sia sulle modalità di approccio che sui contenuti sia a livello regionale che nazionale, dobbiamo mettere in evidenza come per far ripartire l’Europa dopo la pandemia, lo scorso luglio l’Unione Europea abbia approvato il Next generation EU, noto in Italia come Recovery Fund o “Fondo per la ripresa”. Si tratta di un fondo speciale volto a finanziare la ripresa economica del vecchio continente nel triennio 2021-2023 con titoli di Stato europei – Recovery bond – che serviranno a sostenere progetti di riforma strutturali previsti dai Piani nazionali di riforme di ogni Paese: i Recovery Plan. Lo stanziamento complessivo è di 750 miliardi di euro, da dividere tra i diversi Stati. L’Italia fruirà di questa misura con oltre 200 miliardi di euro e saremo, assieme alla Spagna, tra i maggiori paesi a beneficiarne.
In questo contesto ci accingiamo a discutere il DDL 123 – SviluppoImpresa -, norma che poggia le basi sul DDL 80 del 2020, ma che vede correzioni e integrazioni significative. Non possiamo che registrare con favore il fatto che molti dei suggerimenti proposti dal Gruppo consiliare del PD, attraverso emendamenti al DDL 80, siano stati recepiti. Così come positivo è l’aver risolto il tema della “provvista finanziaria”, che nell’80 era carente, con uno stanziamento iniziale di cinquanta milioni di euro come suggerito da chi scrive. E’ infine sicuramente apprezzabile che molto dell’impalcato legislativo che riguarda il manifatturiero sia poggiato sulla LR 3/2015 – Rilancimpresa.
 
Macro criticità nella formazione del DDL 123 – SviluppoImpresa –
Rispetto alle macro criticità evidenziate nella relazione del DDL 80 prendiamo atto che:

  • solo ora lS3Fvg si avvia alla fase finale del percorso e che per il Por Fesr 2021/2027 si sia in fase di redazione finale del documento che dovrà essere poi oggetto di discussione. Sono buone notizie, ma che non fanno che confermare quanto corretta fosse la nostra critica undici mesi orsono e che ad oggi non sappiamo ancora quanto questo DDL potrà contare sulla programmazione europea 21/27. Rimane di totale attualità il tema di dove l’Amministrazione regionale abbia poggiato la guida del Por Fesr. E’ per questo che riproponiamo quanto scritto undici mesi fa in materia: “Da una ”bocca irriverente”, ma sincera, uscirebbe una risposta/battuta: perché la Direzione delle Attività Produttive non ha più la guida di questi processi di programmazione. Questa Giunta regionale è ricaduta nell’errore del passato, riportando la programmazione sotto l’egida del bilancio e non lasciando a chi si occupa d’impresa, d’intesa con chi si occupa di ricerca e lavoro, la “visione”, e la conseguente traduzione in atti, delle politiche economiche della Regione Friuli Venezia Giulia. E’ proprio per questo, Presidente Fedriga, che la stessa “bocca irriverente, ma sincera”, le suggerisce di riflettere se non sia il caso di rivedere quella decisione. Avrà, forse, qualche tensione con i suoi assessori e con le forze politiche che la sostengono, ma avrà molti meno problemi in futuro con la gestione dei fondi europei. Le chiediamo solo di informarsi sui tre settennati precedenti, di vedere dov’erano allocate le Autorità di gestione, e di fare 2 + 2. Ultimo suggerimento non richiesto, lo faccia da solo senza farsi influenzare da questa o da quella parte di Amministrazione.”;
  • contrariamente a S3Fvg e Por Fesr, nessun passo avanti c’è stato sulla redazione e conseguente approvazione del Piano di sviluppo industriale regionale nonostante siano passati 33 mesi dall’insediamento di questa maggioranza. E la logica conseguenza di ciò è constatare come il DDL 123 affronti in modo “leggero” le necessità della manifattura regionale;
  • per quanto riguarda la provvista finanziaria registriamo con favore, come sopra detto, lo stanziamento di oltre cinquanta milioni di euro complessivi del bilancio regionale, così come da noi richiesto;
  • continuiamo ad evidenziare che il DDL 123, così come il DDL 80, non presenta alcun accenno ad alcuni degli snodi principali di un’economia avanzata: la logistica, le infrastrutture e il sistema dei Data Center. In un sistema produttivo competitivo come quello del Friuli Venezia Giulia, la promozione di servizi di logistica, anche all’interno dell’animazione economica territoriale, diventa necessaria;
  • così come avevamo sottolineato nel DDL 80 il fatto che l’Agenzia Lavoro & SviluppoImpresa non avesse “dignità normativa nonostante i numerosi compiti ad essa attribuiti in sede di costituzione”, leggiamo con favore l’inserimento della stessa nell’articolato del DDL 123 con funzioni di importanti responsabilità. E’ per questo, e con spirito collaborativo come sempre, che non possiamo non chiedere alla Giunta regionale ed agli assessori di riferimento di adoperarsi per una maggior infrastrutturazione della stessa visti i compiti assegnati. Le risorse di personale ed economiche attualmente a disposizione portano a sostenere che se non vi sarà un rafforzamento difficilmente si potranno raggiungere gli obiettivi, giustamente ambiziosi, assegnati.

Rispetto ad ulteriori macro criticità del DDL 123 evidenzieremo le stesse nel commento ai singoli capi.

Esame articolato.
Sotto l’aspetto della tecnica legislativa il DDL 123 si presenta con un impianto diverso rispetto al DDL 80, riducendo a sei i titoli rispetto agli undici e declinando nei titoli II, III e IV rispettivamente misure in materia di modernizzazione, crescita e sostenibilità dell’economia regionale, in modo di dare una lettura più armoniosa all’articolato. Ma proprio la lettura della definizione dei singoli capi all’interno dei titoli, porta alla luce in modo palese come il disegno di legge si concentri in particolare in materia di commercio, turismo ed accesso al credito, lasciando il manifatturiero ai margini. Evidenziamo inoltre come l’unica vera riforma contenuta nell’articolato sia quella del Capo IV del Titolo III – Nuovo sistema regionale degli strumenti di accesso al credito. Nella nuova formulazione, dal DDL 80 all’attuale, il disegno di legge vede l’ingresso di una serie di norme innovative, capaci di interpretare, se sviluppate ed applicate, le esigenze di un’economia in profonda e rapida trasformazione. Per quanto riguarda il commercio ed il turismo, le norme in approvazione non esimono la Giunta regionale dal presentare altro articolato di riordino della materia. Così come per il manifatturiero sarà necessaria l’approvazione del nuovo piano di sviluppo industriale su cui far calare nuove misure legislative a supporto dello stesso.

Titolo I – Disposizioni generali – artt. 1 / 5
Capo I – Disposizioni generali
All’art. 2 – Principi e finalità – come per il DDL 80 presenteremo emendamento atto ad inserire nel DDL 123 il tema della sicurezza del lavoro.
L’art. 3 – Definizioni – contiene l’adozione delle definizioni contenute nel DDL 123 ad eccezione di quelle relative al capo I del titolo II. Per coerenza presenteremo emendamento atto a trasferire tutte le “definizioni” all’interno dell’art. 3.
Capo II – Normativa europea e norme di attuazione
Apprezzabile e necessario l’inserimento, nel corpo normativo, dell’art. 5 – Programmazione europea – colmando così una lacuna evidente del DDL 80. L’articolo come proposto pone le basi legislative, non erano scontate in precedenza, per il prossimo settennato della programmazione europea, collegandosi formalmente, come da noi chiesto nel DDL80, all’S3FVG e al Por Fesr 2014/2020 e 2021/2027.
 
Titolo II – Misure per la modernizzazione dell’economia regionale – artt. 6 / 25

Capo I – Disposizioni in materia di commercio
Questo capo è, nelle intenzioni della Giunta regionale, uno dei cardini del disegno di legge e come tale va trattato anche in questa relazione di minoranza che non può limitarsi a criticarlo senza un approfondimento delle motivazioni che ci spingono a chiedere una profonda rivisitazione dello stesso.
Carlo Sangalli, presidente Confcommercio Imprese per l’Italia, sostiene nella pubblicazione “Le attività economiche nella città post Covid” (novembre 2020) che “rigenerazione” sia un modo intenso per dire “innovazione”. Innovazione non è buttare il passato, ma guardarlo con occhi nuovi. “Rigenerazione urbana significa apertura al futuro, dalla valorizzazione dello storico (spesso il centro) al recupero del desueto (più frequentemente gli spazi periferici) fino alla reinvenzione degli spazi e del loro utilizzo.” Le parole di Sangalli ci danno l’opportunità di approcciare nel modo corretto ad un tema che è, oramai da almeno due decenni, fonte di ampia discussione tra operatori, cittadini ed Amministrazioni locali.
Già nel 2019 il Protocollo d’intesa Confcommercio Anci, siglando la necessaria collaborazione tra amministrazioni comunali e associazione di categoria, ribadiva che fosse necessario “promuovere processi di rigenerazione urbana per il rilancio socio-economico delle città e dei loro territori, facilitando la collaborazione tra gli attori locali coinvolti nelle trasformazioni urbane al fine di migliorare il benessere dei cittadini e rafforzare il tessuto imprenditoriale.”
La pandemia altro non ha fatto che aggravare le dinamiche negative del settore commercio che, come sopra detto, subisce da tempo un’importante contrazione: “con una situazione che tende a diventare più grave nei centri di minore dimensione e nelle aree periferiche delle grandi città con conseguenze non solo economiche, ma anche sociali portando alla perdita dei servizi, per alcuni indispensabili, nonché ad impatti sulla qualità, sul decoro urbano e sul valore degli stessi immobili residenziali” (Fabio Fulvo, Marketing Confcommercio)
Oggi possiamo quindi affermare con certezza che il futuro della maggior parte delle attività economiche commerciali passa attraverso la parola “prossimità”, con la necessità di soluzioni che valorizzino solidarietà e coesione sociale frutto di una visione e modelli di governance che guardino al medio-lungo termine.
Se questo è il contesto post pandemico sul quale il DDL 123 si troverà ad operare, questa, ricordiamolo ancora una volta, dovrà essere una legge che disegna strategie future su cui poggiare azioni di rilancio e non una norma che si occupi di ristori. Convinti che così debba essere, alla lettura della stessa appaiono chiari alcuni suoi limiti.
Per maggiore semplicità di comprensione faremo riferimento all’articolato partendo dalla considerazione che è del tutto evidente che il commercio di “vicinato” ha necessità di essere sostenuto anche come servizio per la qualità della vita dei cittadini. Quindi è positiva la messa in campo di misure a ristoro delle imposte e degli affitti. Gli elementi di criticità riguardano i luoghi nei quali questa azione di sostegno è possibile e le modalità.
E’ per questo che sosteniamo che vadano ridefinite le “definizioni” contenute nell’art. 6, tra l’altro portandole all’interno delle “definizioni generali” di cui all’art. 3 ed in merito presenteremo emendamento. Così come scritte presentano un’idea della città fatta di centro – bello – e di periferie – brutte – e che chi va sostenuto è il solo centro. Le definizioni ignorano come sono fatti i nostri comuni, solo alcuni dei quali possono essere definiti “Città” e dove i centri delle vecchie frazioni o dei quartieri cittadini sono quelli che di più soffrono per la concorrenza dei centri commerciali e per la desertificazione commerciale. I progetti di rilancio post covid, Bergamo 2020 o Milano 2020, esaltano il ruolo dei quartieri e delle realtà locali come centri servizi, a partire dal concetto della città in 15 minuti sviluppata a Parigi. Vanno pertanto riviste radicalmente le definizioni e ridefinite le aree target entro cui sostenere tutte le attività che, a valutazione dell’amministrazione comunale, svolgano un ruolo propulsore per l’economia cittadina e di servizio per i cittadini. Presenteremo emendamenti atti a precisare gli ambiti d’intervento dove attuare le misure in base alle indicazioni rilevate dai territori.
L’art. 8 – Riduzione dei tributi locali per l’occupazione e l’utilizzo degli spazi commerciali nei centri cittadini – non ci convince sulle modalità di attuazione laddove, indicando le riduzioni tributarie che i comuni possono introdurre, subordina le stesse, comma 4, ad “accordi annuali tra la Regione e i comuni”. Nella relazione della Giunta accompagnatoria al DDL si legge: “Le modalità attuative dell’intervento sono oggetto di accordo tra Amministrazione regionale e ciascuna municipalità, in particolare per la sua esatta quantificazione finanziaria che, fissata ora complessivamente in modo provvisorio, sarà più precisamente stabilita in via preventiva a seguito degli accordi conclusi, per essere poi esattamente rideterminata in base ai dati consuntivi di bilancio di ciascun ente locale coinvolto.” E’ evidente l’incertezza assoluta sulla quantificazione economica del ristoro che condiziona la credibilità degli enti locali nei confronti degli operatori economici. Come può il comune prevedere l’azione di sostegno, senza avere un orizzonte economico certo?
L’art. 9 – Distretti del Commercio – è tra quelli che creano più perplessità.
I distretti del Commercio sono uno strumento presente in molte normative regionali, frutto di una legge nazionale,  lo Statuto delle imprese, che introduce e definisce sull'intero territorio italiano, i Distretti del commercio, intesi come “le aree produttive e le iniziative nelle quali i cittadini, le imprese e le formazioni sociali, liberamente aggregati, esercitano il commercio come fattore di valorizzazione di tutte le risorse di cui dispone il territorio” (L. 180/2011, art. 5, comma 1, lett. e). La conseguenza della norma nazionale è l’articolarsi sui territori regionali in base alla lettura socioeconomica degli stessi. Così in Lombardia nascono i Distretti urbani del Commercio per i comuni maggiori e i distretti intercomunali diffusi, con almeno 3 comuni, ma senza limite di popolazione, individuati seguendo i criteri regionali contenuti in una delibera, per quelli minori. In Veneto si distingue tra distretti urbani e distretti territoriali. Leggendo gli atti e le esperienze di queste regioni appare evidente la distanza con la norma proposta nel DDL 123. Non è chiaro in primo luogo quale possa essere l’ambito territoriale di applicazione della misura: cosa significa “centro cittadino e aree urbane a vocazione commerciale”? Con quali criteri lo individuo e in quali contesti? Perché la soglia minima dei 10.000 abitanti che rende impossibile la sua applicazione proprio in quelle aree più deboli e a maggior necessità di sostegno? E ancora, al comma 3 dell’art. 9 si legge: “3. Per l’attuazione delle finalità del distretto del commercio l’Amministrazione regionale concerta con i Comuni competenti per territorio le azioni di riqualificazione del sistema commerciale e di rigenerazione dei centri cittadini a rischio di indebolimento che costituiscono nel loro insieme il Progetto di distretto degli interventi proposti dal Comune o dai Comuni associati per l’accesso agli incentivi specificamente previsti a favore dei distretti del commercio.” Cosa significa “concerta”? Dopo che uno o più enti locali si sono attivati, hanno trovato i partner, hanno redatto il protocollo di intesa, affrontano un confronto con la Regione per il finanziamento. Bene, ma con quali le regole e parametri? Quali le priorità premiate? Nelle altre leggi regionali non esiste tale ingerenza e i finanziamenti sono assegnati tramite bandi regionali che premiano le migliori progettualità su parametri e regole fissate nei bandi stessi. I più recenti bandi regionali sui Distretti, come in Lombardia, recependo alcune innovazioni delle misure di incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, sono stati orientati ad esempio al consolidamento delle attività di prossimità, sia per adattare i punti vendita alle nuove esigenze di sicurezza e protezione di lavoratori e consumatori, sia per supportare le imprese nelle integrazioni tra commercio online e onland. Se intervenire sul commercio significa anche rigenerare il tessuto urbano non si comprende come mai in nessuno degli articoli sui distretti venga ammesso il finanziamento per la riqualificazione edilizia ed energetica degli edifici commerciali.
L’art. 14 ha la finalità di fornire sostegno finanziario ai piccolissimi negozi esistenti a rischio chiusura per l’eccessivo aggravio di costi generali di gestione rispetto al volume d’affari che gli stessi riescono a realizzare. E’ una buona misura, mutuata da una esistente che riguardava esclusivamente i negozi di montagna. Ma anche in questo caso l’ambito di applicazione non sembra cogliere il vero problema. Si pensi ad esempio alle frazioni montane di Tolmezzo, comune con oltre 10.000 abitanti, o a quelle dei comuni di pianura, come ad esempio Fossalon per Grado. Non sono anche questi i luoghi ove sostenere i piccoli negozi e le piccole attività? Anche in questo caso va rivisto il campo di applicazione.

Capo II – Digitalizzazione
Il capo è caratterizzato, nella sua articolazione, da una maggiore incisività rispetto alle misure previste del DDL 80 ed in particolare registriamo con favore il recepimento in norma di gran parte dei suggerimenti di modifica dell’articolato contenuti negli emendamenti depositati undici mesi or sono. In questa nuova versione le misure sembrano adeguarsi alla necessità di sostenere il comparto produttivo regionale nella profonda trasformazione verso la Quarta Rivoluzione industriale. Il capillare trasferimento tecnologico alle imprese, l’attivazione di azioni rivolte alla rivisitazione profonda dei modelli di business e degli approcci di mercato, la formazione e creazione di nuove competenze finalizzate allo sfruttamento del fattore produttivo legato ai dati e alle informazioni, sono le vere sfide. Accogliendo le nostre proposte, in prima istanza disattese, è un primo passo per permettere al nostro territorio di “giocare sino in fondo la partita”.
Altrettanto importante, all’art. 15, è l’inserimento dell’Agenzia Lavoro & SviluppoImpresa quale sorta di supervisore operativo del DITEDI. Il tema della digitalizzazione è prioritario per il futuro, non solo dell’economia, del Friuli Venezia Giulia e i dubbi espressi in occasione del dibattito sul DDL 80 in merito alla capacità del DITEDI di reggere una sfida così significativa senza ulteriori rafforzamenti strutturali rimangono inalterati. L’affiancamento dell’Agenzia L&SI, anch’essa da irrobustire velocemente, ne mitiga la problematicità.
All’art. 19, proponiamo un emendamento che va nella direzione di concedere a Friuli Innovazione, sede di Amaro, un contributo finalizzato alla realizzazione di un progetto a sostegno delle “Alpine Technologies” quale fattore di rilancio competitivo della montagna friulana.
Non riteniamo corretta la collocazione in questo capo, all’art. 20, delle misure di sostegno ai KIBS (Knowledged Intensive Business Service) che, a nostro avviso, devono godere di un apposito capo declinato in autonomia per la portata potenziale della norma, che va peraltro riscritta. Infatti pur mostrando interesse nel considerare la nostra proposta depositata nel DDL 80, la Giunta regionale si limita a riconoscerne l’importanza strategica e ad incaricare l’Agenzia L&SI a realizzare uno studio di fattibilità con tempi per arrivare ad una reale applicazione “sul campo” non compatibili con l’attuale situazione economica. Per questi motivi riproporremo gli stessi emendamenti presentati al DDL 80, emendamenti che porterebbero ad un’immediata reale operatività di tale innovativo strumento. Conseguentemente presenteremo emendamento per un’adeguata copertura finanziaria finalizzata a questa nuova progettualità. Vogliamo infine sottolineare come l’art. 21, sia innovativo e degno di essere sostenuto.
 
Capo III – Promozione di start-up e spin-off imprenditoriali e del crowdfunding
Le misure contenute in questo capo meritano una valutazione positiva nella loro declinazione generale, anche se, come emerso in commissione, richiedono alcuni perfezionamenti dal punto di vista dei parametri identificativi. In riferimento alle start up di cui all’art. 22, c. 4, è opportuno, e per questo depositeremo emendamento in

Relazione di minoranza DDL 123

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