BOLZONELLO: Relazione di minoranza al Disegno di legge n. 80

Pubblicato il venerdì 28 Feb 2020

Relazione di minoranza al Disegno di legge n. 80 Disposizioni per lo sviluppo del settore manifatturiero, per la riqualificazione dell’offerta turistica e commerciale e riforma dell’accesso al credito (SviluppoImpresa)

Signor Presidente, signor Assessore, colleghi Consiglieri,

è con grande senso di responsabilità che il Gruppo Consiliare del Partito Democratico si approccia alla discussione del DDL 80 –  Disposizioni per lo sviluppo del settore manifatturiero, per la riqualificazione dell’offerta turistica e commerciale e riforma dell’accesso al credito (SviluppoImpresa).
Senso di responsabilità che deriva dalla consapevolezza che, pur nella differenza di ruolo e di visione, vi è l’esigenza di un approccio non ideologico rispetto alla necessità del settore produttivo del Friuli Venezia Giulia alla luce della situazione economica nazionale ed internazionale.
Non sembri strano che si accenni a scenari socio economici mondiali rispetto a questo DDL, ma è viceversa doveroso e necessario visto il posizionamento della manifattura del Fvg nei mercati internazionali.
Ecco allora che questa relazione si articolerà attraverso una premessa generale che, oltre al contenuto del DDL, esaminerà anche, in modo succinto, il contesto economico mondiale, europeo e nazionale, rispetto alle esigenze del nostro territorio regionale. Si passerà poi alle macro criticità del DDL e di seguito all’esame dell’articolato per titoli e capi. Si continuerà la relazione con l’esposizione di una serie di proposte aggiuntive e migliorative del DDL ed infine vi saranno le conclusioni.
Premessa generale
Il DDL 80 ‘SviluppoImpresa’ arriva all’attenzione dell’Aula in una stagione difficilissima per l’economia del nostro Paese ed in clima di incertezza socio economica mondiale. E’ di pochi giorni fa la pubblicazione di uno studio di Nomura sulla situazione economica internazionale che vede revisioni al ribasso del Pil di Germania, Francia ed Italia e porta l’Istituto ad annunciare la possibile entrata in recessione dell’Italia durante il 2020. Aggiungiamo, con un rapido sguardo, che impatti importanti sullo scacchiere internazionale e nazionale ci saranno in materia di denatalità o macronatalità, di dazi, approvvigionamenti energetici ed a seguito della Brexit. Un dato particolarmente preoccupante per l’Italia ed il Fvg è il crollo produzione industriale nell’ultimo anno, con una flessione del 4,3%.
E proprio per il Friuli Venezia Giulia, possiamo spingerci a sostenere che alcuni tra i principali motivi di queste preoccupazioni risiedano nella difficoltà inerente l’export, -7% su base annua, nella difficoltà di alcuni settori strategici manifatturieri come l’automotive, nella non ancora sufficienza di trasferimento tecnologico, digitale e di formazione nelle nostre aziende manifatturiere, in un cambio profondo del mercato del lavoro nell’ultimo decennio ed in una situazione demografica negativa potenzialmente esplosiva.
C’è poi la grande incognita rappresentata dal Coronavirus. Mentre scriviamo queste note si ha notizia di oltre dieci vittime in Italia, del contagio di oltre 500 persone e dell’apertura di unità di crisi in tutto il nord Italia. Il Friuli Venezia Giulia, pur non colpito al momento da alcun caso di infezione, sta subendo, al pari di molte altre regioni, un importante impatto negativo socio economico ed è necessario mettere in capo già da questo DDL misure a sostegno delle aziende colpite, in primis quelle appartenenti al segmento turistico. Abbiamo già dato al Presidente Fedriga la disponibilità del Gruppo a collaborare per superare questa crisi ed abbiamo suggerito che vengano rimodulato i Fondi anticrisi attivati con Rilancimpresa in funzione dell’attuale emergenza, unendo a questa misura Fondi di rotazione e canali contributivi dedicati.
Non serve certo dettagliare il forte rapporto tra l’economia italiana e quella cinese in quasi tutti i settori produttivi, l’Italia acquista dalla Cina il 7,2% del totale del proprio import mondiale, ed in quello turistico, i turisti cinesi rappresentano il 5% del totale degli arrivi.
Se a questo uniamo che nel contesto territoriale del nord Italia, il Friuli Venezia Giulia continuerà, come negli ultimi 25 anni, a scontare il divario che lo separa da Veneto e Lombardia, ecco che dobbiamo convintamente continuare a “spingere” per una trasformazione della nostra struttura industriale attraverso il trasferimento tecnologico e la digitalizzazione.
Ed è proprio dopo aver tratteggiato, succintamente ed in modo consapevolmente limitato, la situazione dell’oggi, che sono necessarie alcune considerazioni/domande.
Si può pensare e scrivere una vera riforma economica se non si ha chiaro il contesto socio economico dentro e fuori il Friuli Venezia Giulia?
Si può scrivere una vera riforma economica per Fvg se non si è prima deliberato, in atti programmatori, le linee guida dell’S3 (Strategia di Specializzazione Intelligente) e della programmazione europea 2021/2027?
Si può definire norma riformatrice una legge che non operi un cambiamento, anche parzialmente, paradigmi esistenti?
Si può prescindere, prima della scrittura della norma, dell’approvazione da parte della Giunta regionale del Piano di Sviluppo Industriale su cui poggiare le fondamenta del DDL?
Per queste, ed altre, motivazioni è evidente che il DDL 80 non è una norma di riforma, ma una legge di manutenzione, in larga parte con buoni elementi di dignità, con all’interno barlumi di innovazione, in particolare in materia di credito, e con alcune suggestioni da coltivare con attenzione come ad esempio le norme in materia di economia del legno, di riqualificazione del tessuto insediativo produttivo esistente, della riqualificazione del sistema commerciale con i Distretti del Commercio, del welfare e, soprattutto della partecipazione dei lavoratori alla gestione d’impresa. È sicuramente apprezzabile il fatto che molto dell’impalcato legislativo manifatturiero sia poggiato sulla LR 3/2015 – Rilancimpresa.
Macro criticità nella formazione del DDL 80 – SviluppoImpresa
S3 FVG e Por Fesr 2021 / 2027
Proprio mentre stiamo vergando questa relazione di accompagnamento al DDL 80 apprendiamo dell’approvazione da parte della Giunta regionale della generalità 184 avente ad oggetto “Politiche di coesione 2021-2027 – Indirizzi strategici sulla futura programmazione regionale e sul coinvolgimento del partenariato territoriale. Comunicazioni.” È di tutta evidenza, non solo per gli “addetti ai lavori”, come sia perlomeno bizzarro che una legge che ha l’ambizione di delineare scenari futuri dell’economia della nostra regione non poggi le proprie fondamenta su questi indirizzi strategici. Basta infatti leggere, all’interno della generalità, il capitolo “Un’economia regionale dinamica e sostenibile capace di affrontare le sfide globali” per evidenziare alcune palesi contraddizioni tra il fatto che “La revisione della strategia regionale di specializzazione intelligente offrirà un contributo imprescindibile per l’individuazione delle più promettenti filiere produttive dove concentrare i finanziamenti…. ed ancora ….le traiettorie di sviluppo non potranno prescindere dalle filiere energetiche e della logistica”, e la scrittura del DDL 80 dove di tutto questo non c’è traccia. Sicuramente ci saranno altri passaggi d’aula dove tutto si delineerà ed avremmo modo di discuterne, ma se questo DDL rappresenta una riforma e non una legge di necessaria manutenzione, perché non poggia sulle fondamenta dell’S3 e del Por Fesr?
Da una “bocca irriverente”, ma sincera, uscirebbe una risposta/battuta: perché la Direzione delle Attività Produttive non ha più la guida di questi processi di programmazione. Questa Giunta regionale è ricaduta nell’errore del passato, riportando la programmazione sotto l’egida del bilancio e non lasciando a chi si occupa d’impresa, d’intesa con chi si occupa di ricerca e lavoro, la “visione”, e la conseguente traduzione in atti, delle politiche economiche della Regione Friuli Venezia Giulia. È proprio per questo, Presidente Fedriga, che la stessa “bocca irriverente, ma sincera”, le suggerisce di riflettere se non sia il caso di rivedere quella decisione. Avrà, forse, qualche tensione con i suoi assessori e con le forze politiche che la sostengono, ma avrà molti meno problemi in futuro con la gestione dei fondi europei. Le chiediamo solo di informarsi sui tre settennati precedenti, di vedere dov’erano allocate le Autorità di gestione, e di fare 2 + 2. Ultimo suggerimento non richiesto, lo faccia da solo senza farsi influenzare da questa o da quella parte di Amministrazione.
Piano di sviluppo industriale regionale
Così come per S3 e Por Fesr, ad oggi non è ancora stato approvato il Piano di sviluppo industriale regionale nonostante siano passati 22 mesi dall’insediamento di questa maggioranza. E d’altra parte come si fa a scrivere un piano di sviluppo industriale se non si sono ancora tradotte in atti le “visioni”? La non approvazione del piano rafforza quindi la certezza che questo DDL è, come detto sopra, una necessaria legge di manutenzione.
Provvista finanziaria
Più volte l’Assessore competente ha sostenuto che il finanziamento necessario alla norma, al netto dei fondi già indicati in legge e derivanti da capitoli di spesa consolidati, avverrà attraverso fondi che saranno stanziati nella prossima legge di stabilità e che saranno reperiti nella prossima programmazione europea. Queste affermazioni non ci vedono concordi e riaffermiamo, anche in questa relazione, che qualunque norma voglia incidere profondamente ed in tempi brevi sull’economia di un territorio, non può prescindere da una cospicua ed immediata dotazione finanziaria.
Questo DDL diventerà legge nei primi giorni di marzo 2020, quindi ben 9 mesi (270 giorni) prima dell’approvazione della prossima legge di stabilità regionale.
All’interno del DDL vi sono norme che, oggettivamente, possiamo dal punto di vista del finanziamento dividere in tre fasce. La prima fascia riguarda tutte quelle norme, e sono molte, che aggiornano la LR 3/2015 Rilancimpresa e altre leggi regionali esistenti, nonché norme di nuova approvazione immediatamente fruibili dal sistema economico regionale. La seconda fascia riguarda norme di nuova approvazione che prevedono la loro operatività tramite regolamenti da emanare. La terza fascia riguarda norme di nuova approvazione che sono propedeutiche ad altre norme per renderle operative.
Di conseguenza la prima fascia di norme ha bisogno immediato di provvista finanziaria che vada oltre alle poste ordinarie annuali stanziate in Stabilità. La seconda fascia, che vede la necessità dei regolamenti, ha necessità di provvista entro 90/120/150 giorni, termini utili all’approvazione dei regolamenti a seconda della complessità, quindi entro rispettivamente giugno, luglio ed agosto 2020.
La terza fascia potrà aver bisogno di provvista finanziaria da ottobre 2020 in poi.
Con questa oggettiva tempistica, possiamo pensare di aspettare dicembre 2020 con la Stabilità e metà del 2021 con i fondi europei per avere la provvista necessaria a far decollare la legge? La risposta ovvia è no. Con i fondi previsti in legge si faranno partire, entro il 2020, non più del 20/30% dei provvedimenti, e vado per eccesso.
Se si vuole avere un impatto vero ed immediato sul tessuto produttivo della nostra Regione, rispetto a queste norme, servono da subito fondi aggiuntivi.
Logistica ed infrastrutture
Da ultimo non possiamo non evidenziare che il DDL 80 non presenta alcun accenno ad uno degli snodi principali di un’economia avanzata: la logistica e le infrastrutture. In un sistema produttivo competitivo come quello del Friuli Venezia Giulia, la promozione di servizi di logistica, anche all’interno dell’animazione economica territoriale, diventa necessaria. 
Agenzia Lavoro & SviluppoImpresa
Dopo una lunga e complicata gestazione è venuta alla luce, nella seconda parte dello scorso anno, l’Agenzia Lavoro & SviluppoImpresa. Per voce della Giunta regionale, l’Agenzia dovrà essere elemento centrale rispetto all’economia del Friuli Venezia Giulia e proprio in virtù di ciò l’operatività della stessa è stata posta in capo non solo alla Direzione AAPP, ma anche alla Direzione Lavoro e Formazione. Nella stessa relazione illustrativa che accompagna il DDL, la Giunta regionale afferma “L’istituzione dell’Agenzia L&SI quale risposta innovativa alla necessità di integrare le politiche verso il manifatturiero con il lavoro e la formazione professionale caratterizzata dalla necessità di una formazione permanente e dalla creazione di nuove competenze che la trasformazione tecnologica impone.” E’ palese dopo la lettura del DDL 80, come l’Agenzia, a parte l’articolo relativo al welfare aziendale, non abbia dignità normativa nonostante i numerosi compiti ad essa attribuiti in sede di costituzione, costituendo con ciò una vera e propria contraddizione in termini.   
Esame articolato
Titolo I – Oggetto – art. 1
Presenteremo emendamento atto ad inserire nell’oggetto della Legge regionale il tema della sicurezza del lavoro.
Titolo II – Disposizioni generali – artt. 2 / 5
All’articolo 2 Definizioni, è opportuno che la Giunta regionale espliciti il significato di Sostenibilità, termine citato al comma 2 dell’art. 1. Tale definizione viene utilizzata in dottrina ed in letteratura per concetti diversi, è pertanto utile chiarirne la portata rispetto a questo DDL.
Apprezziamo l’idea del tavolo permanente di cui all’articolo 5, ma lo stesso rappresenterà una novità positiva solo se saprà davvero interpretare in modo dinamico i contenuti del comma 1, diversamente sarà solo l’ennesimo tavolo di consultazione, da convocare all’occorrenza, senza possibilità alcuna di incidere. È pertanto necessario chiarire da subito che funzione reale si vuol dare allo strumento e scegliere il modello di conseguenza. Noi pensiamo che il tavolo vada altamente qualificato e non semplicemente essere la rappresentanza delle parti datoriali, sindacali e della PA. Se si sceglierà la strada della competenza unita ad un’operatività reale, è di tutta evidenza la necessità di retribuire in modo adeguato le persone che verranno chiamate a fornire il loro contributo, diversamente non vi sarà alcun interesse a parteciparvi o, nella migliore delle ipotesi, lo si farà in tempi e modi limitati. Abbiamo, infine, già avuto modo di dire in commissione che la presenza al Tavolo dell’OCRI non sembra opportuna. L’OCRI è organo tecnico che viene coinvolto a fronte di crisi conclamate, mentre il Tavolo dovrebbe avere altro “respiro” rispetto all’economia del FVG. Al contrario sembra opportuna la presenza al Tavolo del sistema dei Confidi regionali. Rispetto a queste due ultime considerazioni presenteremo emendamenti conseguenti.
Titolo III – Disposizioni in materia di accesso al credito delle imprese e nuovi strumenti di ingegneria finanziaria – artt. 6 / 18
Il Capo I è, di fatto, un complesso di norme che riformano l’operatività del FRIE e dei fondi gestiti. Concordiamo sulla necessità di razionalizzazione e di diversificazione degli stessi. Restano, anche dopo i lavori di commissione, forti i dubbi sulla collocazione del Fondo regionale per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in crisi. Non sembra infatti il FRIE soggetto adatto a gestire tale fondo, anche perché la ragione d’essere principale del FRIE è il sostegno degli investimenti finalizzato alla crescita del sistema economico. Non sembra nemmeno opportuno appoggiare il Fondo su Friulia, come richiesto da alcune parti datoriali nelle memorie, perché anche in questo caso si snaturerebbe la natura della finanziaria regionale. L’auspicio è che si possa poggiare questo meritorio strumento che viene istituito con questa norma presso la Direzione Centrale AAPP, con una collaborazione tecnica del FRIE. In questo senso presenteremo emendamento conseguente.
Rimanendo nell’ambito del Capo I, desta stupore che il sistema del Confidi non trovi un’adeguata attenzione rispetto ad una norma che ha l’ambizione di titolare “Riforma degli strumenti di accesso al credito.” I Confidi del Friuli Venezia Giulia possono, a ragione, essere considerati strategici per la nostra economia e come tale dovrebbero essere considerati. Come detto in commissione, riteniamo necessario prevedere nel testo normativo l’inclusione dei Confidi nel novero dei soggetti strategici meritevoli di attenzione e finanziamento sia nell’erogazione di crediti di piccolo importo che in operazioni finanziarie altre che la Regione FVG dovesse creare.
L’articolo 18 ci porta una suggestione che al momento non ci è data di capire. Abbiamo davvero necessità di un nuovo strumento di ingegneria finanziaria? E se si, per quali scopi? In linea di principio possiamo sicuramente affermare che il sistema produttivo regionale ha necessità di creare leve finanziarie per moltiplicare risorse che sostengano la nostra economia, ma nel merito non possiamo non chiederci se questi strumenti non siano in qualche modo già presenti e a chi debbano rivolgersi. Sul mercato nazionale ed internazionale vi sono una pluralità di soggetti che sicuramente sono in grado di rappresentare, magari in partenariato con soggetti pubblici regionali, le esigenze della nostra comunità economica, senza creare altri enti pubblici ex novo. E’ comunque da accogliere positivamente l’inserimento, su nostra richiesta, del nuovo comma 3 che prevede la presentazione, entro sei mesi, alle commissioni competenti del Consiglio regionale di una relazione esplicativa del progetto. È però necessario che le commissioni vengano convocate “ante” e non “post” creazione dei nuovi strumenti di ingegneria finanziaria, in tal senso presenteremo emendamento. È infine degna di sottolineatura la richiesta di Confindustria FVG laddove sostiene che la norma “andrebbe rivolta al sostegno dei programmi di trasformazione tecnologica e digitale, alla promozione dei processi di riassetto organizzativo e gestionale, degli interventi di ristrutturazione e riconversione e dei progetti di crescita dimensionale con particolare riguardo alle operazioni di fusione tra le aziende.” 
 
Titolo IV – Interventi per la promozione della produzione industriale e della digitalizzazione, promozione delle imprese giovanili e start up, disposizioni per l’internazionalizzazione delle imprese – artt. 19 / 22
Pur lodevole nelle intenzioni, il contenuto dell’art. 19 lascia alcune perplessità. Se è vero che le imprese regionali continuano ad avere necessità di investimenti di macchinari e di sistemi di produzione legati a produzione digitale, è altrettanto vero che le stesse hanno a disposizione un’ampia gamma di norme statali e regionali che contribuiscono in modo esauriente alle necessità del nostro sistema produttivo, a partire dal Piano Nazionale per l’Industria 4.0. Il focus che deve oggi guidarci è quello di sostenere il comparto produttivo regionale nella profonda transizione verso la Quarta Rivoluzione Industriale. Vi è quindi la necessità di diffondere un capillare trasferimento tecnologico alle imprese, di attivare azioni volte alla rivisitazione profonda dei modelli di business e degli approcci al mercato, di formare e creare nuove competenze ed allo sfruttamento del fattore produttivo legato ai dati e alle informazioni. È questa la vera sfida da vincere ed è qui che SviluppoImpresa deve mettere l’asticella più in alto. Possiamo anche lasciare l’articolo 19 in norma, ma dobbiamo avere il coraggio di inserire un nuovo articolo che contenga gli obiettivi che abbiamo appena indicato e che li finanzi adeguatamente. Torneremo su questo tema nella parte finale della relazione, laddove illustreremo le principali proposte emendative al DDL 80 del Partito Democratico.
Anche l’articolo 20 abbisogna, a nostro avviso, di un intervento emendativo nella parte dei commi da 1 a 5. Sono i commi che mettono in capo al DITEDI – Distretto industriale delle tecnologie digitali – la realizzazione di una serie di iniziative nel quadro della promozione della cultura digitale, in particolare tra le piccole e medie imprese. L’art. 20 ha un intento più che condivisibile, ma se davvero vogliamo “forzare le tappe” della digitalizzazione delle imprese, c’è la necessità che questo compito venga svolto sull’intero territorio regionale e con attori capaci di intercettare tutte le imprese che necessitano di un aiuto in tal senso. Non si tratta quindi di penalizzare il DITEDI, ma di trovare le modalità più opportune. Possono essere messe in campo più ipotesi, dalla più semplice, che è quella di individuare oltre al DITEDI anche i Poli Tecnologici regionali come destinatari della norma, a quella più complicata che prevede una piattaforma comune gestita da più soggetti compreso il DITEDI.  Non sapendo ad oggi la posizione della Giunta regionale presenteremo, in via collaborativa, un emendamento che prevede l’estensione della norma ai Poli Tecnologici regionali, così come richiesto anche da Confindustria FVG.  
Titolo V – Governo integrato degli indirizzi di politica industriale regionale – artt. 23 / 38
L’intero Capo I è dedicato ai Consorzi di sviluppo economico locale. Possiamo da subito affermare che è meritoria l’azione tendente a rafforzare e consolidare il ruolo dei Consorzi dopo la riforma di Rilancimpresa che li poneva come uno degli architravi del tessuto produttivo regionale. Le uniche perplessità, che saranno oggetto di emendamento, riguardano: l’art. 24 al comma 1 bis, dove è necessario aggiungere anche la possibilità dell’infrastrutturazione digitale; l’art. 27 che va abrogato perché non è a nostro avviso corretto portare ad una facoltà l’obbligo di costituire il Comitato di consultazione. Il Comitato è l’espressione, e la voce, delle aziende localizzate nell’agglomerato industriale ed è, anche in un faticoso rapporto dialettico con i Consorzi, necessario mantenerlo. Di conseguenza vi sarà un emendamento anche all’art.29.
Rispetto all’art. 34, abbiamo evidenziato in commissione come sia necessario evitare il doppio finanziamento per i Consorzi che già fruiscono delle possibilità offerte dalla Direzione Infrastrutture, il tutto finalizzato a mettere sullo stesso piano di attrattività i Consorzi stessi. In mancanza di emendamento giuntale, sarà cura del Partito Democratico presentarlo.
Da ultimo, in materia di Consorzi, non possiamo non sottolineare che ci saremmo aspettati un rilancio convinto delle opportunità offerte dalle APEA. L’unico Consorzio ad aver avviato il percorso, previsto dalla LR 3/2015, risulta essere la ZIPR di San Vito al Tagliamento. I risultati sono soddisfacenti e l’azione del Consorzio sta diventando una buona pratica nazionale. Anche per questa tematica presenteremo apposito emendamento.
Il capo II ha come titolo “Riordino delle disposizioni normative in materia di cluster”. Purtroppo il contenuto dell’art. 38, unico del Capo, non rappresenta il titolo. Nella sostanza l’articolo contiene semplicemente alcune correzioni letterarie e burocratiche ed istituisce il Cluster Turismo, non vi è alcun’altra azione rispetto al sistema cluster regionale che avrebbe invece la necessità di un profondo esame con conseguenti norme a supporto. Il riordino del sistema cluster si rende necessario da un lato alla luce dell’evoluzione della politica europea sui cluster negli ultimi cinque anni e dall’altra dall’oggettiva disparità esistente tra due cluster, COMET e Legno-Arredo, e tutti gli altri, Agrifood, Marittimo, DITEDI, Smart Health, Imprese culturali creative. Alla luce di ciò appare evidente che l’istituzione del nuovo Cluster Turismo non può trovare consenso. Se poi aggiungiamo il fatto che la creazione non arriva da una forte spinta imprenditoriale, come nel caso di Legno-Arredo e Comet, e che la prima operatività viene posta in capo alla Direzione AAPP e non ad un soggetto gestore privato, troviamo la definitiva motivazione per essere contrari alla norma. Con il supporto di tutte queste argomentazioni presenteremo emendamento abrogativo della norma che promuove la creazione del Cluster Turismo.
Titolo VI – Disposizioni per il rafforzamento dell’innovazione e della competitività sostenibile del sistema produttivo regionale – artt. 39 / 45
Le suggestioni che il Capo I ci offre, ci portano a dire che a fronte delle condivisibili dichiarazioni d’intenti del comma 1 dell’art. 39, non vi è in norma né il necessario contesto attuativo, né una precisa specificazione delle tipologie di investimento in modo da avere una finalizzazione della norma più efficace. In parole semplici possiamo affermare che, ancora una volta, si tratta di una norma cornice. Sappiamo invece che, in materia di sviluppo sostenibile, l’esperienza di sistemi produttivi che già hanno applicato concetti di sostenibilità e di economia circolare ci insegna quanto sia opportuna, se non necessaria, un’azione che porti a modelli operativi ed alla creazione di filiere.
Cogliamo segnali positivi negli articoli 40 Servitizzazione e 41 Economia del legno e ci sentiamo nel contempo di raccomandare per l’art. 40 una interpretazione ampia dei modelli di business che in norma sembrano essere limitati e per l’art. 41 una maggiore lettura interassessorile dell’economia del legno che in norma non traspare.
Gli articoli 43 Partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa, 44 Welfare aziendale, 45 Sviluppo di una strategia di sostenibilità aziendale, ci portano al Capo III, sicuramente uno dei più ricchi di suggestioni ed innovazioni dell’intero articolato. È interessante la lettura delle memorie inviate dalle parti datoriali e sindacali in merito, ci fa capire come il confine tra la voglia di mantenere lo status quo e la necessità di innovare sia davvero labile, eppure tutti sentiamo forte la necessità di dare una nuova lettura della Responsabilità sociale d’impresa in un mondo produttivo che è in cambiamento vorticoso, non sempre lineare, sicuramente velocissimo. I temi della “buona occupazione” vanno considerati al pari di quelli relativi alla “digitalizzazione”, quelli della “sicurezza” a quelli del “trasferimento tecnologico”, quelli della “formazione” a quelli dell’”innovazione di processo e di prodotto”. È per questo che, se da un lato accogliamo con favore l’apertura del dibattito su questi temi fondamentali per il futuro del nostro sistema produttivo, dall’altro non possiamo non sottolineare che le norme proposte non trovano, vedi memorie depositate, una lettura condivisa. Sarebbe stato più opportuno porre in capo questi temi in via preventiva all’Agenzia Lavoro & SviluppoImpresa, chiedendo che si facesse carico della necessaria sintesi delle visioni datoriali, sindacali, politiche e della conseguente scrittura della norma. Convinti di ciò, chiediamo che l’intera materia del Capo III venga messa in capo all’Agenzia presentando emendamento conseguente.
Titolo VII – Riqualificazione del tessuto insediativo esistente – artt. 46 / 50
Il tema delle aree artigianali ed industriali dismesse, o meglio, come dice il titolo del capo II, dei “Complessi produttivi degradati”, è argomento sicuramente meritorio di un articolato legislativo. I modi ed i contenuti con cui il tema viene declinato non depongono però a favore di un positivo risultato. Infatti la lettura del Titolo VII evidenzia tutta una serie scoordinata di azioni, alcune sicuramente meritorie, che non trovano sintesi in una visione di sviluppo territoriale. A monte dovrebbe infatti esserci la capacità di leggere le vocazioni delle varie aree regionali con la conseguente declinazione socio economica. In parole più semplici: in quali aree incentiviamo le attività artigianali ed industriali ed in quali le disincentiviamo a favore di quelle agricole, commerciali, turistiche o di terziario avanzato? In conseguenza di ciò si creano norme che diano risposte, non il contrario.
È di tutta evidenza il mancato confronto, in sede di scrittura della norma, tra la direzione AAPP e quella alla Pianificazione, confronto che avrebbe portato ad una norma di tutt’altro valore.
Così come è di tutta evidenza che anche in questa norma, così come in altre leggi regionali recenti, non è dato sapere “chi” e “cosa” sarà oggetto finanziamento. Il sistema produttivo regionale è molto frammentato e serve sì una mappatura complessiva, ma non mettendo in atto un meccanismo sproporzionato rispetto a quello che si vuole ottenere. Mi spiego meglio: una cosa è voler riqualificare complessi produttivi dismessi industriali, vedi come mero esempio Ideal Standard, altro il singolo capannone di qualche area artigianale marginale.
C’è la necessità che già questa norma distingua tra i grandi complessi industriali dismessi e i singoli manufatti produttivi, anche per evitare quello che sta già succedendo nel vicino Veneto dove si tolgono i tetti dai capannoni dismessi per retrocederli a “ruderi” e non pagare l’IMU. E attenzione che questo non succederà sulle aree gestite dai Consorzi, ma all’interno di aree di fatto residenziali, dove non si fa più attività produttiva ma ci sono ancora capannoni.
Il tema è troppo importante per essere enunciato e poi non sviluppato se non addirittura banalizzato.
E’ doveroso aggiungere che le definizioni ed i tipi di intervento sono completamente scollegati sia dalla disciplina sismica, che dalla definizione dei tipi di intervento edilizi soggetti a l

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