Relazione di maggioranza su Ddl 82 "Disciplina organica in materia di difesa del suolo e di utilizzazione delle acque"
Signor Presidente, egregi colleghi,
la convivenza tra le risorse naturali e gli insediamenti umani viene spesso data per scontata: siamo abituati a considerare il paesaggio che ci circonda come immutabile e consolidato. Di tanto in tanto, purtroppo, siamo chiamati a bruschi risvegli: fiumi che improvvisamente si fanno impetuosi ed invadono strade e città, fenomeni franosi che lambiscono le case, piogge torrenziali che allagano abitati. Ai nostri occhi questi eventi sono catastrofici e violenti: la natura in realtà, nella sua “innocenza”, compie semplicemente il proprio corso.
Per rendere chiara questa immagine, potrei ricordare l'esempio significativo di Rosa, villaggio medievale fondato intorno al X secolo, attualmente frazione del Comune di San Vito al Tagliamento: a causa delle piene del Tagliamento, l'abitato fu ricostruito quattro volte dal XVII secolo ad oggi, per esser infine riedificato sulla sponda destra del fiume, dopo la storica piena del 1851. La sua Pieve però, con la sua chiesa seicentesca, è rimasta sulla sponda sinistra del fiume, nel Comune di Camino al Tagliamento.
Per consentire una convivenza il più possibile pacifica tra insediamenti e natura, l'uomo si è preso cura del territorio che rispettosamente ha preso in prestito. Gli argini dei fiumi sono stati rinforzati, i pendii montani sono stati imbrigliati, le acque piovane sono state raccolte ed incanalate. Le principali opere di difesa idraulica hanno consentito la stabilità e lo sviluppo degli insediamenti urbani, e si sono perfezionate durante la storia. È però indispensabile non dimenticare che queste opere esistono, e che senza di esse il nostro territorio sarebbe oggi molto diverso.
Oltre alla storia della morfologia idraulica della nostra Regione, va ricordato in questo contesto un fenomeno più umano e recente, seppur anch'esso storicamente determinato: l'inurbamento. Questa incessante migrazione, alla base del nostro odierno stile di vita, ha spostato grandi masse di popolazione, soprattutto dal secondo dopoguerra in avanti, dalle campagne alle città. Nella seconda metà del '800 il 32% della popolazione nazionale viveva nelle case sparse e fuori dagli insediamenti urbani, mentre oggi è meno del 9%. Il progressivo cambio negli stili di vita, la pianificazione urbanistica e la meccanizzazione dei lavori agricoli hanno causato l'abbandono di territori che una volta erano vissuti quotidianamente dai nostri avi. Ricordando l'esempio iniziale, era consuetudine sino ai primi anni del secondo dopoguerra il guado del Tagliamento a piedi da parte delle popolazioni di entrambe le sponde. La pulizia delle golene, l'uso domestico delle risorse naturali nelle prossimità dei corsi d'acqua, la piantumazione di alberi sugli argini o sui pendii erano attività quotidiane: il presidio dell'uomo in funzione dell'integrità del suolo era costante.
È primariamente un dovere degli enti pubblici avere a cuore la stabilità e la sicurezza idraulica del territorio: la difesa del suolo rende infatti possibile l'attività umana di ogni giorno. E la regolazione dell'accesso alle risorse naturali, che non ci appartengono e che con equilibrio prendiamo in prestito, deve essere perseguita con tenacia. Entrambi questi elementi (la messa in sicurezza del territorio, e la disciplina dell'accesso alle risorse naturali) guardano primariamente alle future generazioni, alle quali abbiamo l'ambizione di voler lasciare un paesaggio più solido e sostenibile.
Va detto chiaramente: non si possono abrogare per legge le piene dei fiumi e le frane. Gli eventi calamitosi che comportano interventi d'emergenza purtroppo continueranno ad esistere: tuttavia è in nostro dovere operare ora affinché si scongiurino future crisi. La difesa del suolo e la cura ordinaria del nostro territorio devono quindi tornare sulle agende quotidiane di ogni ente locale, e come in ogni contesto di risorse limitate, l'approccio d'elezione dev'essere quello della pianificazione pluriennale degli interventi.
Oltre all'intervento pubblico tuttavia, è funzionale alla difesa del suolo la riscoperta di una cultura diffusa di valorizzazione e tutela del territorio, che consenta ai cittadini di poter vivere nuovamente il paesaggio naturale e rurale della nostra regione: spesso ciò è stato inibito, soprattutto nel recente passato, da una stratificazione di normative contraddittorie sull'accesso alle risorse nelle aree demaniali.
Tutto ciò premesso, si è colta l'opportunità di riordinare la disciplina in materia di difesa del suolo e di utilizzazione delle acque attraverso un testo unico, qui presentato, che tenda ad innovare l'approccio riguardante la gestione delle aree fluviali, che semplifichi massimamente le procedure funzionali alla difesa del suolo, e che delinei un quadro di riferimento normativo chiaro e semplificato in merito all'utilizzo delle risorse naturali.
All'interno del presente Disegno di legge, al fine di strutturare degli strumenti operativi funzionali alla pianificazione degli interventi per il contrasto del dissesto idrogeologico, si propone innanzitutto una classificazione di tutti i corsi d'acqua e delle opere di regimazione idraulica della Regione, che tenga conto sia della loro natura, sia della possibilità di una loro gestione efficace ed ordinaria. Tale gestione viene affidata a tre soggetti principali, che già ora concorrono (seppur in maniera disorganica) alla difesa del suolo: la Regione, i Consorzi di Bonifica ed i Comuni. Viene poi approntato un sistema informativo dinamico finalizzato alla rilevazione di dati in materia di risorse idriche e monitoraggio del suolo, che mette a sistema gli attuali sistemi informativi e ne amplia la capacità di alimentazione. I monitoraggi in tempo reale poi, consentiranno alla Protezione Civile di attivarsi celermente per la gestione delle emergenze. Anche per la gestione dei dissesti franosi, oltre alle situazioni d'emergenza che continueranno ad essere affidate alla Protezione Civile, verranno coinvolti la Regione o i Comuni, in base alla classificazione del fenomeno stesso.
A coadiuvare la certezza interpretativa rispetto alla natura degli interventi, vi è l’articolo 3 contenente un lungo elenco di definizioni: esso consente maggiormente l’univocità della lettura dell’articolato, in particolare precisando le differenze tra le manutenzioni ordinarie, le manutenzioni straordinarie e gli interventi in emergenza.
L’intento è, evidentemente, che la manutenzione ordinaria quotidiana e la pianificazione degli interventi straordinari limiti al massimo i fenomeni incontrollabili per i quali si renda necessario l’intervento in emergenza. Per quanto concerne la regolazione dell'utilizzo delle risorse, il Disegno di legge propone innovazioni e semplificazioni nelle procedure, in particolare sulle concessioni di derivazione d'acqua, soprattutto nella fase preliminare di confronto tra le proposte di derivazione concorrenti, sull'utilizzo di acque superficiali e sotterranee, sul prelievo del materiale litoide nei corsi d'acqua (c.d. sghiaiamenti) e sul taglio di vegetazione e legname da alvei, sponde e aree golenali demaniali.
Per quanto riguarda i lavori di Commissione, sono stati coinvolti in audizione decine di soggetti portatori di interesse, che mediante le loro osservazioni hanno consentito di arricchire o precisare maggiormente il testo proposto. Alla luce di questi contributi, sono stati elaborati dalla Giunta degli emendamenti al testo base, in seguito analizzati puntualmente da un Gruppo di lavoro formato in seno alla Commissione. In fase di esame dell'articolato, sono stati presentati ed approvati alcuni emendamenti di iniziativa dei commissari di maggioranza ed opposizione.
Tra i principi che hanno ispirato sia il Testo base che alcuni emendamenti, vi sono quelli contenuti nel Regio Decreto 1775/33, nella Legge 36/1994 (la cosiddetta “Legge Galli”) e nel D. Lgs 152/06 (il Testo Unico sull'Ambiente). In queste fonti, in particolare, viene sancita la pubblicità delle risorse idriche e la loro tutela come bene il cui uso debba tener conto delle aspettative e dei diritti delle generazioni future. Tale pubblicità è forse più correttamente esprimibile, affermando non tanto che “l'acqua è di tutti”, bensì che “l'acqua è di nessuno”: l'accesso a tale risorsa, primariamente per l'uso potabile, è senz'altro un diritto di ciascuno, ma tale accesso deve inequivocabilmente essere regolamentato, poiché tale risorsa non ci appartiene e va preservata nel miglior stato possibile.
La tutela ed il miglioramento della qualità degli acquiferi sono oggetto di una pianificazione dedicata, attualmente in stato avanzato, corrispondente al Piano Regionale di Tutela delle Acque. La disciplina dell'utilizzazione delle acque invece viene raccolta al Titolo IV di questo Disegno di legge, che è stato oggetto di un intenso confronto in Commissione: in maniera trasversale si è riconosciuta l'importanza della limitazione temporale delle concessioni di derivazione d'acqua, anche se si è convenuto di riportare i limiti massimi della loro durata alle previsioni della normativa sovraordinata. Si è inoltre deciso di lasciare per l'aula un ulteriore approfondimento riguardo la disciplina della concessione delle grandi derivazioni, che vada nella direzione di precisarne la temporaneità.
Un altro tema oggetto di confronto in Commissione è stato l’articolo 33, riguardante il taglio di vegetazione all’interno di alvei, sponde ed aree golenali. Grazie ad un utile confronto anche con il Corpo Forestale regionale è stato possibile evolvere l’originale articolazione del testo base venendo incontro ad esigenze di semplificazione delle procedure e di chiarezza normativa: l’esplicitazione in norma di un quadro preciso di riferimento entro il quale sia consentito l’intervento cerca di sottrarre ad interpretazioni ed arbitrarietà la disciplina del taglio di vegetazione in aree demaniali fluviali. L’auspicio è che questa previsione vada incontro a quella cultura della riappropriazione di spazi e paesaggi naturali abbandonati menzionata all’inizio. Queste attività, se svolte entro un quadro definito di integrità ambientale ed idraulica, forniscono un servizio alla collettività in termini di cura del paesaggio e controllo diffuso del territorio.
Nella medesima direzione va la previsione, valorizzata nella versione del testo uscito dalla Commissione, che introduce la disciplina dei Contratti di fiume: questo strumento, menzionato in diverse direttive UE, intende fornire la facoltà alle comunità locali di riappropriarsi di quei corpi idrici che insistono sui loro territori, definendo in maniera negoziata un quadro di regole inerenti il rendimento economico, il pubblico accesso alle risorse, il valore sociale e culturale, la sostenibilità ambientale delle azioni, finalizzato alla valorizzazione e riqualificazione del corpo idrico. Questo protocollo giuridico di “politica dal basso” ha facoltà di coinvolgere enti locali, associazioni, gruppi ambientalisti e soggetti preposti alla gestione, e di riunirli ad un unico tavolo decisionale di definizione di processi di valorizzazione fluviale partecipata.
In conclusione, il presente Disegno di legge ha l’ambizione di raccogliere in un testo organico le disposizioni che ineriscono la difesa del suolo e la gestione della rete idrografica regionale, chiarendo e semplificando le procedure amministrative a ciò sottese, sottraendo il più possibile all’interpretazione le previsioni normative ivi contenute e limitando il ricorso ai regolamenti derivati. Inoltre, cerca di sostenere una nuova cultura della valorizzazione territoriale consentendo ai cittadini di esperire nuovamente quei paesaggi rurali e naturali, il cui progressivo abbandono ha contribuito ad aggravare il rischio idrogeologico nella nostra Regione.
BOEM
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