Ius scholae: Da Giau (Pd), Fedriga fermo a ideologia leghista, lo straniero resta un nemico

Pubblicato il martedì 05 Lug 2022

30.06.22 «Con le sue dichiarazioni sullo ius scholae, Fedriga dimostra ancora una volta l’arretratezza dell’ideologia leghista, chiusa ai cambiamenti sociali e al ruolo proattivo che le istituzioni dovrebbero avere nel favorire processi veri di integrazione, come lo è proprio il completamento di un ciclo di studi di cinque anni. Più facile e conveniente, per la Lega, rallentare l’integrazione e mantenere lo straniero come nemico da combattere». Lo afferma la consigliera regionale Chiara Da Giau (Pd) commentando le affermazioni del presidente della Regione Fvg, Massimiliano Fedriga riguardo alla proposta di legge sullo “ius scholae”, che lega la possibilità di chiedere la cittadinanza, in particolare per i minorenni stranieri residenti e molti dei quali nati in Italia, al completamento di un ciclo scolastico.

«Siamo convinti che chi risiede da lungo tempo nel nostro Paese debba avere diritto alla cittadinanza, fissando certamente requisiti linguistici e di integrazione come quelli che stanno appunto dentro un percorso scolastico. Parlare di avvenuta integrazione senza ipotizzarne una gradualità e un criterio di valutazione, come se restasse solo a carico dell’individuo e non di istituzioni e comunità chiamate a predisporre adeguati strumenti normativi e attuare adeguati interventi, significa invece porsi in modo ancora una volta ideologico».

Secondo Da Giau, «è innegabile come il completamento di un percorso scolastico di almeno 5 anni sia una chiara manifestazione di volontà di integrazione e al tempo stesso uno strumento di attuazione della stessa. Questo non solo per gli studenti stranieri ma anche per le loro famiglie, che attraverso la partecipazione alla vita scolastica dei figli, entrano in relazione con la comunità ospitante. Ed proprio per questo siamo convinti che vada valorizzato. Non considerare intervento prioritario la modifica della legge sulla cittadinanza dopo 30 anni, significa chiudere gli occhi sui profondi mutamenti dei fenomeni migratori e della composizione della popolazione e rinunciare a operare per la sicurezza e il rafforzamento delle comunità

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