FRIULI PERDUTO, FRIULI RITROVATO

LA RICOSTRUZIONE DOPO IL TERREMOTO DEL 1976

Nel ripercorrere i Comuni colpiti dal terremoto è difficile riconoscere tracce degli eventi che nel 1976 sconvolsero il Friuli. Le case sono state ripristinate, le vie di comunicazione riattivate. Castelli, campanili, chiese, ville storiche sono state nella quasi totalità ricostruiti conservando memoria dell'assetto territoriale precedente. Rari prefabbricati in legno accorpati in villaggi provvisori testimoniano ai margini dei centri abitati un momento dell'emergenza. Fasi e organicità degli interventi all'interno dei quali si colloca questo episodio insediativo sono stati ampiamente meditati e valutati. L'analisi dei moventi e delle forze sociali che sostennero e scandirono questo momento della ricostruzione diventa dal punto di vista del presente altrimenti problematica. Il dubbio primo e più grave riguarda la possibilità nei giorni nostri di risolvere con le medesime risorse un disastro di eguali proporzioni. I profondi mutamenti che hanno interessato la regione non consentono ottimismo. La scollatura dei valori sociali e il disorientamento dei singoli sono confusamente avvertiti come dramma in atto senza che alcuna elaborazione culturale e politica riesca compiutamente a comprenderli e interpretarli. Riflettere sull'intelligenza e sull'energia che consentirono di sanare la frattura società-territorio provocata dal sisma potrebbe segnare un primo passo per capire le sfide che nei decenni seguenti ci hanno proposto la caduta del muro di Berlino, l'adozione dell'euro, l'impatto delle tecnologie informatiche, l'economia globalizzata. Nel momento in cui si accetta questa prospettiva la ricostruzione non è più favola da raccontare ai nipoti, ma indagine critica che, se deve ammettere la precarietà di valori e forze che animarono la ripresa, impone tuttavia di resistere al processo di periferizzazione cui la regione è sottoposta. Il fallimento della Cooperativa Carnica – per citare un solo esempio – è indizio grave di malessere sociale sia per il rovescio economico, sia per le deboli proteste che ha provocato. Sembrerebbero infatti incrinate la coesione sociale e le energie collettive che animarono la ricostruzione. Di qui l'urgenza di riesaminare le forze che consentirono di reagire alla catastrofe del 1976.