Codega al CIE: preoccupazione per i cantieri

Continuano le visite dei consiglieri regionali al Cie di Gradisca. Dopo Silvana Cremaschi, ieri hanno visitato il centro, tra gli altri, anche i consiglieri del Pd Franco Codega, Chiara Da Giau e Diego Moretti

GRADISCA. Continuano le visite dei consiglieri regionali al Cie di Gradisca. Dopo Silvana Cremaschi, ieri hanno visitato il centro, tra gli altri, anche i consiglieri del Pd Franco Codega, Chiara Da Giau e Diego Moretti e il vicesindaco Enzo Boscarol. Scopo della visita era quello di verificare lo svolgimento dei lavori di riattivazione della struttura attraverso un puntuale sopraluogo dei locali. «L’impressione derivata – commenta Codega – è stata del tutto negativa: si sta procedendo infatti alla riattivazione delle strutture e impianti esattamente come erano prima. Il che non lascia presagire nulla di buono. I responsabili dei lavori – fa sapere ancora Codega – hanno comunicato di non avere alcuna idea dell’uso che si intende fare della struttura, ma non ci vuole molto a capire che se tutto ritorna come prima, anche l’uso che se ne farà non sarà molto diverso. Il pericolo che pertanto, nonostante le assicurazioni del ministro dell’Interno Alfano, si torni a rimettere in piedi il Cie è tutt’altro che peregrina. Nella migliore dell’ipotesi si assisterà a un ampliamento del Cara (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo) struttura adiacente, che accoglie i richiedenti asilo».
La delegazione ha quindi svolto una visita anche al vicino Cara: «un ambiente del tutto diverso, sia nella cornice ambientale (niente sbarre, spazi aperti, grande cortile, ambiente adibito a moschea, locale scuola), sia negli spazi di movimento anche all’esterno (dalle otto di mattina alle venti) per frequentare la vicina cittadina di Gradisca». La struttura ospita al momento 204 persone, quindi secondo Codega risulta «al momento vivibile, ma già al limite della propria funzionalità. L’ipotesi che possa essere più che raddoppiata con l’aggiunta della struttura ex Cie rinnovata, non va bene. Non è possibile infatti creare un centro che ospiti 400-500 persone, di diverse etnia e provenienze, ammassate in unica struttura e che quotidianamente si riversano su una piccola cittadina. Non è questa la soluzione giusta. Questi ospiti – conclude Codega – vanno indirizzati in piccoli gruppi, in diverse città e comunità ove possono creare una vera interlocuzione con gli abitanti. Le grandi strutture sono difficilmente gestibili e fonte di tensione. Sia all’interno che all’esterno».