Trieste 03.04.25 – «Parlare di frammentazione del sistema ospedaliero nella nostra Regione è uno stravolgimento della realtà, visto che con 10 ospedali e 14 sedi siamo a metà della classifica nazionale (sotto a noi vengono le regioni del sud) per numero di ospedali in rapporto alla popolazione, e i posti letto sono al limite, cioè tre ogni mille abitanti. E poi c’è il nodo del personale, della distribuzione tra discipline e sedi, e delle strategie per valorizzarlo, per rendere più attrattivo il sistema pubblico e invertire la rotta della fuga verso il privato, perché dire che mancano medici non significa nulla, bisogna capire in quali discipline e in quali sedi ospedaliere. In Asufc ad esempio i cardiologi sono aumentati a livello aziendale e nell’hub di Udine e sono calati nelle sedi periferiche». Lo afferma la consigliera regionale Manuela Celotti (Pd) a margine della seduta della 3ª commissione riunita oggi per l’audizione dell’assessore regionale alla Salute riguardo alle politiche del personale a seguito delle Linee per la gestione del Servizio sanitario regionale 2025.
Sulla situazione degli ospedali e dei posti letto, continua Celotti, «si fa intendere che dobbiamo chiudere ancora perché il sistema è frammentato, ma la risposta è che non sarebbe sostenibile. Tra il 2022 e il 2023 (dati Agenas) sono stati chiusi nel silenzio generale 225 posti letto negli ospedali pubblici della nostra regione, cioè un ospedale intero, e 180 di questi posti sono stati chiusi nella sola Asufc, che ha visto un calo di circa 6.000 ricoveri di medicina e chirurgia nel confronto fra il 2019 e il 2024, come abbiamo appreso da un recente accesso agli atti. Dove sono state curate le 6.000 persone che non hanno avuto risposta negli ospedali pubblici? Perché se la domanda di salute non è calata, allora queste persone si sono rivolte al privato, intra o extra regionale, oppure non hanno avuto risposte».
E prosegue, «stiamo tagliando il sistema pubblico e cedendo pezzi al privato, che viene finanziato dal pubblico. Continuano a dirci che abbiamo una spesa per il personale e un numero di dipendenti pubblici più alto delle altre regioni, ma il vero confronto andrebbe fatto sulla totalità della spesa sanitaria regionale, della nostra e delle altre, considerando il privato accreditato e le esternalizzazioni. Non si può continuare a dire ai cittadini che spendiamo più degli altri per i dipendenti pubblici, senza conteggiare quanto valgono i finanziamenti pubblici al privato. Anac dice che sulle esternalizzazioni pesiamo per l’11% della spesa complessiva nazionale, in una Regione che rappresenta il 2% della popolazione italiana.».
Se parliamo di personale, conclude Celotti, «bisogna mettere in atto politiche innovative per valorizzarlo, ma non bastano i fringe benefit, bisogna anche puntare sulle politiche di welfare, attivando servizi di conciliazione che rispondano alle dinamiche della demografia professionale e che tengano conto che le donne oggi sono la maggior parte dei dipendenti della sanità. E accanto alle premialità, che sono importanti, la vera sfida è di rivedere l’organizzazione, perché quello che i dipendenti cercano è un contesto di lavoro che sia sostenibile».