Trieste, 29.10.24 – «Le mille imprese attive in meno tra il 2021 e il 2023, pari al 5 per cento del totale, confermano le difficoltà del commercio e in particolare dei negozi di vicinato. Di questo la Regione deve tenere conto dedicando ancora più attenzione alla tutela di presidi territoriali che hanno un importante valore sociale». Lo affermano i consiglieri regionali Massimiliano Pozzo, Laura Fasiolo, Manuela Celotti, Andrea Carli, Massimo Mentil e Francesco Martines e Nicola Conficoni (Pd) a margine dell’esame della relazione sulla legge regionale 29 del 2005, “Normativa organica in materia di attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande”.
«I canali contributivi attivati, se pur positivi, non bastano – afferma Pozzo, relatore di minoranza sull’attuazione della legge regionale 29/2005 – vista la sofferenza in particolare dei negozi di vicinato, esercizi che rivestono un particolare valore come presìdi sociali nelle nostre comunità che diventano addirittura vitali nelle aree più interne, nelle zone svantaggiate, nelle montagne, nelle valli. Non ci sembra casuale che il Fvg registri il maggior numero di grandi centri commerciali e sia tra le più in difficoltà sui negozi di vicinato. La Giunta – conclude – nutre grandi aspettative sullo sviluppo dei distretti del commercio, i quali al momento però coinvolgono poco più della metà dei Comuni della nostra regione. Restiamo in attesa di vederne i risultati lo stesso vale per l’annunciata legge organica sul terziario».
Anche Fasiolo sottolinea la «necessità di equilibrio territoriale sulle diverse tipologie di distribuzione attraverso la valorizzazione dei negozi di vicinato che possono essere considerati centri di aggregazione sociale e di supporto soprattutto alle piccole comunità, specie nelle aree più isolate dove rappresentano presìdi sociali che garantiscono la vitalità. Alla crisi che queste realtà stanno vivendo serve dare una risposta che ora manca. Infine – conclude – tra la piccola e la grande distribuzione è necessario trovare quella sinergia che potrà quindi dare la dovuta attenzione per il rilancio dei centri storici dei nostri paesi».
Secondo Celotti, «il nuovo testo unico deve passare dalle misure puntuali alle politiche organiche di rilancio, connettendo commercio e potenzialità di sviluppo turistico, chiarendo i risultati attesi e verificando l’impatto delle linee contributive. Va ampliata innanzitutto la forbice delle attività finanziabili, comprendendo attività come i bar o le attività di servizio, che diventano dei presìdi, soprattutto nei territori più periferici». E ancora, aggiunge, «va introdotta una progressività delle contribuzioni, sostenendo con maggiore forza e maggiori contributi le attività che si trovano nei territori a minore intensità abitativa, con particolare riferimento alla montagna. Va promossa una nuova ricettività turistica che promuova l’entroterra, incentivando e sostenendo economicamente l’investimento privato per il recupero di immobili dismessi a fini di ricettività turistica, in un’ottica di rigenerazione urbana e zero consumo di suolo, attraverso una linea contributiva dedicata».
Per Carli «in questo testo ci sono più ombre che luci perché il tessuto del commercio ha una sua rilevanza non solo in termini economici e legati al fatturato, ma anche per il ruolo imprescindibile che riesce a svolgere in termini di coesione all’interno delle comunità. Per questo è necessaria una riflessione profonda a cui far seguire azioni concrete e possibilmente rapide per fare in modo che si garantisca il mantenimento delle realtà esistenti e che possa agevolare la creazione di nuove che garantiscano un ruolo del commercio come servizio di prossimità, come luogo di incontro soprattutto per le persone che vivono nelle piccole comunità. A questo si collega il tema delle aree interne, per le quali esiste una strategia precisa che si occupa principalmente di salute, di trasporto, di istruzione, ma per la quale bisogna anche pensare strategie per il rilancio di questi servizi di prossimità senza i quali la gente non solo è ulteriormente incentivata ad abbandonare questi piccoli centri (prevalentemente in montagna, ma anche nei piccoli paesi), ma crea anche mancanza di relazioni sociali».
Il consigliere Mentil pone l’attenzione sui «servizi di prossimità in montagna e nelle aree marginali, non solo come negozi di prodotti di prima sussistenza, ma anche come per l’attività legata alle produzioni locali, di artigianato e tipicità dei territori. Il problema, in montagna, riguarda principalmente la chiusura di esercizi commerciali e per questo, nella norma è necessario prevedere specifici strumenti per contrastare questo andamento che sta impoverendo ancora più il territorio montano».
Secondo Martines, «la situazione di forte espansione dei centri commerciali ha portato a un progressivo svuotamento, nei paesi, dei negozi di vicinato e dei servizi che offrono alle comunità. Se i negozi di vicinato non si specializzano sulla vendita di prodotti da offrire al cliente, allora non c’è futuro e da questo punto di vista è necessario che la Regione aiuti queste realtà attraverso strumenti che permettano di valorizzare i prodotti locali così da spingere la gente ad andare in questi piccoli centri dove può trovare prodotti peculiari. Questo è il tema su cui dobbiamo ragionare, non certo il tentativo di normare l’e-commerce, ma misure che possano valorizzare i prodotti locali, permettendo così ai questi negozi di essere competitivi, offrendo prodotti non generici che invece si trovano nei centri commerciali».
Infine, Conficoni sottolinea come «la normativa sul commercio si sia evoluta nel corso del tempo, recependo la nuova legislazione europea e statale. Senza la legge voluta nel 2005 dal centrosinistra di Illy, però, le conseguenze negative della deregulation promossa dall’ex assessore Dressi sarebbero state ben peggiori non solo per le piccole realtà commerciali, ma anche per la grande distribuzione che pure avrebbe sofferto gli effetti di una liberalizzazione incontrollata». Il Fvg, ricorda infine Conficoni, «ha comunque raggiunto il primato per i centri commerciali, una responsabilità forte del centrodestra che non viene cancellata dai distretti del commercio, e chiama tutti noi all’impegno di moltiplicare gli sforzi a tutela dei negozi di vicinato, uno straordinario presidio sociale di aggregazione, non solo nei paesi e nelle frazioni, ma anche nei quartieri delle città».