Trieste, 19.03.25 – «Le scelte unilaterali delle aziende sanitarie di uscire da Federsanità Anci danno un segnale gravissimo e non condiviso con i sindaci, che dimostra la volontà di svuotare un ennesimo luogo di confronto, dopo quello che da molti è stato letto come un tentativo di commissariamento miseramente fallito. Questa uscita è un passo di un processo in corso da danni, che ha determinato il depotenziamento delle assemblee dei distretti e la distanza siderale fra Aziende sanitarie e Conferenze dei sindaci, testimoniato dal fatto che le aziende nemmeno si sentono in dovere di informare i sindaci sui processi di privatizzazione ipotizzati o in corso». Lo afferma la consigliera regionale Manuela Celotti (Pd), replicando alla risposta all’interrogazione attraverso la quale chiedeva alla Giunta «quali siano le motivazioni specifiche che hanno portato Arcs, Asugi e Asfo, insieme a Cro e Burlo, a decretare la fuoriuscita da Federsanità Anci Fvg e se si ritenga che una tale decisione possa essere presa senza un previo confronto».
«Altro che menzogne – aggiunge, rimandando al mittente le accuse del presidente Fedriga – basta visitare i siti delle aziende per trovare pubblicati i documenti sulle esternalizzazioni. I sindaci si sono stancati del fatto che le decisioni sulla sanità passino sopra le loro teste, lo abbiamo visto lunedì a Udine all’assemblea dell’Asufc riconvocata per ottenere dei chiarimenti sul piano attuativo». Sulla sanità, insiste, «la Giunta si sta sottraendo al confronto per l’evidentemente debolezza della sua proposta e per quanto ci riguarda continueremo a denunciare questa gestione proprietaria delle istituzioni. Ma c’è una novità di cui spero si siano accorti: basta leggere i commenti su Facebook per vedere che la gente non gli crede più».
«Che si tratti della riorganizzazione del sistema ospedaliero o della partita, fondamentale, delle case di riposo e dell’assistenza, Federsanità deve essere uno dei luoghi di confronto. Se sono partite strategiche, si abbia il coraggio di portarle al confronto con i Comuni e si dica alle aziende sanitarie di rientrare».