CARLI: Relazione di minoranza sul DDL n. 23

Pubblicato il venerdì 19 Lug 2024

Relazione di minoranza sul Disegno di Legge n. 23 Assestamento del bilancio per gli anni 2024-2026, ai sensi dell’articolo 6 della Legge Regionale 10 novembre 2015, n 26

Presentato dalla Giunta regionale il 27 giugno 2024

Egregio Presidente, Gentili Colleghe e Colleghi,
l’assestamento di bilancio estivo 2024, con una dotazione pari a oltre 1,3 miliardi di euro di risorse manovrabili, va ad intervenire e coprire molte esigenze sui più svariati settori e su diverse necessità anche puntuali.
La dimensione delle risorse disponibili rende necessaria una attenta analisi delle azioni da mettere in campo, al fine di affrontare e risolvere le problematiche esistenti: analisi che da parte nostra porterà ad una serie di proposte emendative, che speriamo possano essere ascoltate con attenzione e valutate oggettivamente da parte della Giunta e della maggioranza durante l’esame del provvedimento in Aula, senza essere scartate a priori.
Come abbiamo già accennato in sede di I Commissione integrata, la manovra presenta elementi condivisibili, non fosse altro per il fatto che la dotazione disponibile consente di immaginare ed attuare qualsiasi tipo di intervento, senza il problema di dover rinunciare all’attuazione di alcun progetto. Al contrario, forse il problema potrebbe essere rappresentato dal definire come impiegare tutte le risorse disponibili, dal momento che allo stato attuale circa il 25% delle risorse manovrabili non ha ancora una destinazione, con il rischio che esse vengano impiegate per rispondere ad esigenze “puntuali” (pur talvolta comprensibili) anziché alla risoluzione di problemi generali.
Per alcune importanti riflessioni su questo DDL è importante fare riferimento alla relazione diffusa in questi giorni dalla Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia, in occasione dell’udienza di parificazione del Rendiconto della Regione Friuli Venezia Giulia per l’esercizio finanziario 2023.
Nel rapporto vengono ancora una volta sottolineate due tra le principali criticità del nostro sistema regionale: il progressivo deterioramento del sistema di sanità pubblica e di quello degli Enti locali.
Si tratta di problematiche molto complesse, che vanno affrontate senza troppi preconcetti ma con l’obiettivo di dare risposte adeguate alle crescenti difficoltà incontrate dai cittadini; risposte che non possono essere unicamente del tenore “stiamo dando risposte adeguate perché stiamo impegnando una quantità di risorse molto maggiore che in passato” (cosa del tutto vera e anche piuttosto semplice, data l’attuale disponibilità di risorse, inimmaginabile sino a pochi anni fa), ma deve tenere in conto di un progetto riorganizzativo ponderato e condiviso.
In particolare, ci sentiamo di condividere il richiamo della Corte sulla mancanza di “un adeguato sistema di programmazione del Servizio Sanitario” che “può e deve costituire un elemento di vantaggio per fornire prestazioni quantitativamente e qualitativamente adeguate agli assistiti” e soprattutto la forte sottolineatura della necessità di “adottare tutte le misure possibili per evitare il rischio di perdere risorse Pnrr” nell’ambito della realizzazione di realtà di prossimità sociosanitaria e sociale (le cosiddette Case di comunità).
Abbiamo più volte atteso dalla Giunta la realizzazione di più efficaci strumenti territoriali ed a un più efficiente utilizzo delle risorse umane e materiali, ma l’abbondanza delle risorse dimostra che il problema è proprio nella mancanza di più chiare scelte strategiche e nella cattiva gestione del sistema.
Il tema della sanità, sul quale ci siamo spesi molto in questi anni, rimane purtroppo uno dei nodi più significativi che sta pesando su cittadini e operatori e sul quale siamo da troppo tempo in attesa di vedere realizzati i molti annunci dell’assessore competente.
La necessità di mettere mano al sistema sanitario si sta trasformando in un ritornello che ripete da troppo tempo chi governa la Regione, il sistema è in grossa difficoltà, ma anziché risposte arrivano ancora annunci. Non passa occasione di qualche cerimonia in ambito sanitario che sentiamo affermare che “per garantire oggi e in futuro il diritto alla salute al cittadino è necessario cambiare l’impianto del sistema sanitario”. Nel frattempo, senza una esplicitazione di un Piano sociosanitario, l’azione del governo regionale si è evidenziata attraverso la chiusura di reparti ospedalieri (nonostante le smentite) o la progressiva esternalizzazione di interi dipartimenti.
Di “rivoluzione” del sistema salute ne sentiamo parlare da 6 anni nonostante due norme (quelle del 2018 e 2019) che alla fine hanno determinato solo una nuova geografia delle aziende sanitarie, con una marginalizzazione dei territori più piccoli. Tutto questo, mentre i problemi della sanità regionale, dalla riduzione delle liste d’attesa, alla carenza di professionisti ospedalieri e medici di medicina generale, non vedono un’inversione di tendenza. In passato abbiamo più volte avanzato proposte, ad esempio sulla valorizzazione del personale sanitario, tutte rigettate. Adesso attendiamo di vedere le proposte dell’assessorato: come sempre, faremo le nostre valutazioni senza tirarci indietro.
Un altro elemento importante contenuto nella Relazione della Corte dei Conti è il richiamo alla “situazione di criticità determinata dall’esiguità delle dotazioni di personale con le quali operano i Comuni di minori dimensioni”, che è tanto più grave perché “ha riflessi non solo sull’ordinaria attività delle amministrazioni ma anche implicazioni sull’attuazione tempestiva della spesa di investimento” tanto più in un periodo in cui molti tecnici stanno segnalando che anche nella nostra Regione, come il resto del Paese, vi sono notevoli difficoltà nello spendere tutte le risorse arrivate dall’Europa.
La modifica normativa per l’introduzione dei corsi-concorsi per l’accesso alla Pubblica Amministrazione, così come le maggiori risorse stanziate in Assestamento a favore dei Comuni, rappresentano strumenti utili ma non certo sufficienti al miglioramento della situazione: le dinamiche demografiche rendono semplicemente illusorio l’obiettivo di ricostituire in futuro le piante organiche dei Comuni medio-piccoli, così come erano state pensate dopo il terremoto; è pertanto necessario riflettere senza preconcetti ad un progetto riorganizzativo e innovativo, che tenga conto della prossimità dei servizi al territorio e allo stesso tempo dell’efficacia nel realizzare i progetti necessari allo sviluppo delle comunità.
Come traspare dal DEFR 2025, spiace constatare l’assenza di qualsiasi ipotesi di soluzione riorganizzativa, a cui fa da contraltare l’estrema attenzione sulle nuove Province elettive, con l’illusione che il raggiungimento di tale obiettivo possa in futuro rappresentare la panacea ai problemi dei Comuni, che nel frattempo continueranno nella loro estrema difficoltà di spendere i tanti denari ricevuti dalla Regione e non solo.
Un ente elettivo di area vastissima non può dare risposte ai Comuni, che hanno invece bisogno di un ente di secondo livello che gestisca le funzioni su loro indirizzo: meglio sarebbe dare sostegno concreto e sostanziale alla costituzione delle Comunità volontarie.
Un’altra questione che rimane sullo sfondo relativa agli enti locali, e che ancora non è stata risolta, è quella relativa alla differenza stipendiale tra i dipendenti degli enti locali e quelli regionali; differenza che appare ancora troppo sensibile, nonostante negli ultimi anni siano stati stanziati dei fondi per un progressivo allineamento.
Per far sì che i dipendenti comunali siano equiparati a quelli regionali mancano ancora 1,3 milioni che possono essere tranquillamente stanziati visto che il solo assestamento vale 1,348 miliardi. Siamo di fronte a una scelta che il centrodestra può fare o meno, e ci auguriamo che la faccia, per dare un segno ai dipendenti dei Comuni, che, come sappiamo, lavorano spesso in condizioni molto complesse e vedono la prospettiva del concorso in Regione (con il conseguente abbandono dei Comuni) come la soluzione per un miglioramento delle condizioni di vita personali e professionali.
Accanto alle enormi disponibilità finanziarie, questo disegno di legge si connota per alcune scelte politiche che destano delle forti perplessità: una di queste riguarda sicuramente l’intervento normativo che si intende proporre sulla governance dei consorzi industriali. In 60 anni di storia nessuna amministrazione regionale si è mai sognata di mettere le mani sulle regole di funzionamento dei consorzi, dove la Regione non è nemmeno socia.
Il ragionamento è semplice: la Regione investe grandi risorse nei Consorzi industriali, quindi è giusto che nei vari CdA sieda un rappresentante nominato dalla giunta regionale e il revisore sia persona di fiducia dell’assessore regionale.
Ragionamento semplice che, a nostro avviso, sottintende un principio molto pericoloso: chi ha i soldi controlla le persone e decide le scelte.
Siamo assolutamente d’accordo che sia necessaria una regia regionale sulle strategie di sviluppo economico (a dire il vero la stiamo sollecitando da tempo, e forse l’incontro di presentazione “Agenda FVG Manifattura 2030” dell’altro giorno può aver finalmente dato l’avvio a questo processo); tuttavia non riteniamo che ciò debba avvenire attraverso il controllo diretto sui Consorzi (come la modifica normativa si propone di fare), bensì per mezzo degli strumenti da sempre utilizzati con efficacia, che sono il confronto la condivisione ed il continuo dialogo con i Consorzi.
Invece siamo di fronte a un esercizio vorace e sfrenato del potere, l’ennesima dimostrazione di un metodo assolutamente inaccettabile sulla quale chiediamo un ripensamento.
Tutta la retorica della Regione che legifera, programma e gestisce direttamente meno possibile, lasciando alle autonomie locali e agli enti strumentali di farlo al suo posto, viene smentita dai fatti eloquenti.
Pensiamo ai revisori: sono professionisti i cui requisiti di qualità sono testimoniati dall’appartenenza all’Albo. Come può la Giunta regionale arrogarsi il diritto di stabilire una preferenza basata su elementi di professionalità del revisore rispetto alle scelte operate dal CdA?
La verità, nemmeno troppo nascosta, è che si vuole creare di fatto un albo virtuale dei revisori, basato sul gradimento della Giunta regionale, accanto a quello reale basato sui necessari requisiti professionali.
Un fatto del tutto inaccettabile, che si accompagna ad altri fatti accaduti recentemente.
Facciamo riferimento all’Ausir, Autorità regionale di controllo sui servizi idrici e dei rifiuti, la cui governance è affidata ai sindaci.
Negli ultimi periodi le risorse regionali assegnate all’Ausir sono state assai ingenti, e forse è proprio per questo motivo che alcuni giorni fa l’assessore regionale all’Ambiente ha deciso di intervenire all’assemblea dell’Ente, convocata per nominare il Presidente: l’assessore ha deciso di intervenire in assemblea non per confermare il necessario supporto ai membri dell’Ausir regionale nel percorso che nei prossimi anni porterà verosimilmente al Gestore unico per la gestione idrica e dei rifiuti, ma per intimare ai sindaci di sospendere l’elezione del presidente Ausir, al fine di evitare nomine evidentemente poco gradite a lui e al suo partito di riferimento. Forse dovremo aspettarci anche qui (come sui Consorzi di sviluppo economico) un emendamento prima dell’approvazione di questo DDL, relativo alla nomina del Presidente Ausir regionale “sentito il parere della Giunta”?
Un indizio è solo un indizio, ma due indizi cominciano a costituire quasi una prova: tra governance dei Consorzi industriali e Ausir, risulta piuttosto evidente una tendenza all’arroganza e al far valere il famoso detto “Articolo quinto. Chi ha i soldi ha vinto”, che con il funzionamento delle regole democratiche ha ben poco da spartire.
Questo è un tema che assume carattere di principio generale: nel momento in cui la Regione entra a gamba tesa nella gestione di altri Enti, peraltro non disponendo nemmeno di quote del capitale sociale, smentisce sé stessa e la propria funzione di ente di programmazione di indirizzo.
Sempre in tema di Consorzi industriali, la riqualificazione della zona industriale Aussa-Corno era e resta un obiettivo importante, atteso da molti e sul quale era necessario una seria partecipazione collettiva sulle linee di indirizzo, proprio per evitare gestioni fallimentari come quello dell’acciaieria. Da parte della Giunta Fedriga e in particolare dall’assessore Bini, non c’è stata però alcuna condivisione, nonostante le garanzie dello stesso assessore, che l’altro giorno ha dato inizio al percorso di definizione di un piano di sviluppo industriale regionale, più volte richiesto dai consiglieri di opposizione.
I 20 milioni annunciati nell’assestamento estivo a beneficio del Cosef sono un déjà vu di quanto accaduto lo scorso anno, quando furono annunciati gli stessi 20 milioni promessi oggi per vari interventi di riqualificazione a verde e potenziamento industriale. Spiace constatare il fatto che non sia stato al momento ancora onorato l’impegno al confronto in commissione, svilendo non solo il ruolo della commissione ma anche il protagonismo che deve avere il Friuli, a partire dalla sua classe dirigente, sulla zona industriale Aussa Corno.
L’impressione molto forte è che la Giunta non abbia alcuna intenzione di percorrere strade orientate alla condivisione, imponendosi invece sulla gestione dei Consorzi. A completare questo quadro, prendiamo atto che del Piano di sviluppo industriale che l’assessore ha promesso per il 2024 non c’è ancora traccia.
Pochi giorni fa la Banca d’Italia, nel suo report annuale, ha parlato dell’economia del Fvg come di un’economia indebolita e con difficoltà trasversali a vari settori, compreso il terziario, e con criticità evidenti e pesanti nel settore manifatturiero e industriale: alla luce di tutto ciò è quantomai urgente arrivare alla definizione di una strategia di sviluppo economico che vada oltre l’impiego delle risorse in fondi di rotazione e anticipazione, la cui necessità non viene messa in discussione ma che deve essere accompagnata a ragionamenti coordinati e condivisi su infrastrutture, salari, attrattività, formazione e molto molto altro, ragionamenti per i quali è opportuno non vi sia una pluralità di contributi; siamo sin d’ora disponibili ad un confronto.
Un tema assolutamente rilevante da affrontare in questa ricchissima manovra di assestamento riguarda le politiche abitative: troppe case sono inutilizzate, a fronte di tantissime persone che hanno necessità di a trovare un’abitazione dignitosa a prezzi giusti. Anche in questo caso, cercheremo di dare il nostro contributo attraverso alcune proposte emendative.
Per quanto riguarda le previsioni in materia di edilizia agevolata, alla luce della poca attrazione che ha suscitato la normativa in vigore introdotta due anni fa che impone ai giovani l’obbligo di accendere un mutuo per l’acquisto della prima casa, sarebbe ora che la Giunta prendesse atto di un tanto ed eliminasse quelle assurde limitazioni sui requisiti e magari ripensasse all’introduzione di incentivi per il restauro degli edifici premiando con maggiore intensità proprio quegli interventi dedicati al recupero del patrimonio immobiliare dei nostri piccoli centri urbani. Allo stesso modo, andrebbe affrontato con maggiore incisività anche il recupero dei numerosi edifici ATER attualmente in attesa di ristrutturazione, al fine di dare una risposta concreta ad una domanda abitativa sempre maggiore, causata dal progressivo peggioramento delle condizioni economiche di molte famiglie: è bene tenere in forte considerazione non l’acuirsi della marginalizzazione, ma anche la progressiva perdita di potere d’acquisto dei salari che sta portando a nuove povertà anche tra chi lavora.
Riteniamo di fondamentale importanza il tema delle politiche abitative, poiché esso si intreccia a doppio filo con aspetti sociali, economici, culturali: siamo certi che anche l’amministrazione regionale stia impegnandosi su questo fronte, da parte nostra ci mettiamo a disposizione per condividere progetti attraverso i quali mettere a frutto le grandi risorse economiche presenti a bilancio, al fine di dare più case ai giovani, case più adeguate agli anziani in alternativa alle Case di riposo, più case a chi ne ha bisogno, più case a chi decide di venire a lavorare e vivere nella nostra bellissima regione; allo stesso tempo, cercheremo di approfondire la ventilata proposta di esentare le cosiddette “seconde case” dall’imposta locale sugli immobili, per valutarne la coerenza e l’efficacia rispetto agli obiettivi sopra esposti.
Preoccupa molto, inoltre, l’applicazione della Legge regionale 16 del 2022 sul riordino del sistema della disabilità: registriamo su parte del territorio regionale (quello finora gestito dai Comuni direttamente, ovvero dai Consorzi) significative preoccupazioni per i ritardi rispetto al passaggio delle funzioni alle aziende sanitarie che dovrebbe avvenire entro il 31 dicembre. Il rischio di creare disfunzioni nei servizi dal 1° gennaio 2025 è dietro l’angolo.
Le sfide decisive nel comparto sociosanitario riguardano la domiciliarità di persone anziane, le disabilità e il potenziamento dei servizi sociali dei nostri Ambiti e Comuni, lo sviluppo di reti tra soggetti del privato sociale per dare risposte alla povertà e alla solitudine.
Su questo la Regione ha la possibilità, oltre che la responsabilità, di imprimere il massimo sforzo per garantire un futuro sostenibile alla comunità regionale.
Condividiamo le considerazioni di carattere demografico e socio-economico per le quali sarà fondamentale rinforzare la domiciliarità delle persone anziane, anche perché il modello diffuso delle case di riposo è sempre meno sostenibile economicamente. L’abbattimento delle rette è giusto, ma i costi per le famiglie rimangono comunque altissimi. E in prospettiva, considerando capacità di risparmio e previdenza delle nuove generazioni, l’impatto economico che si troveranno ad affrontare i giovani quando diventeranno anziani sarà ancora meno sostenibile.
Concludo questa breve relazione, non certamente esaustiva di tutti gli elementi caratterizzanti la manovra di assestamento – che affronteremo durante la discussione sui singoli articoli – con una riflessione generale ed un pensiero particolare.
La riflessione generale è che prima ancora di pensare a “come spendere i soldi” tutti noi dobbiamo sforzarci di essere innovativi: nuove soluzioni e nuove vie per affrontare i problemi di oggi e le sfide del futuro.
Il pensiero particolare è rivolto ai nostri giovani, troppo spesso orientati a pensare il loro futuro altrove: le misure sin qui adottate non sembrano essere efficaci, e dobbiamo cercare tutti insieme di individuare nuovi strumenti per invertire la rotta attuale per garantire un futuro sostenibile alle nostre comunità.
Lo stesso tema vale per il nostro cosiddetto “inverno demografico”: attendendo di valutare l’efficacia delle misure messe in atto dalla Giunta regionale qualche mese fa, cercheremo di dare il nostro contributo attraverso proposte emendative.
Le proposte che porteremo in aula mirano a potenziare i settori più critici che riteniamo non siano così ben attenzionati come meriterebbero: a tale riguardo cercheremo di proporre alcune modalità di l’utilizzo delle ingenti risorse ancora in attesa di allocazione, affinché vengano impiegate nel miglior modo possibile.
Con la convinzione che il lavoro serio porti sempre buoni risultati, ci auguriamo poter lavorare insieme a tutto il Consiglio e alla Giunta per definire una visione strategica il più possibile condivisa e che sappia tenere nella giusta considerazione le preziose occasioni di approfondimento a cui ci ha invitato la Corte dei Conti.

Andrea Carli

Trieste, 19 luglio 2024

1515 - CAR Relazione MIN_assestamento 2024

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