SANTORO: relazione di minoranza DDL n. 173

Relazione di minoranza sul Disegno di legge n. 173 Interventi a favore delle persone con disabilità e riordino dei servizi sociosanitari in materia

Egregio Presidente, Gentili Colleghe e Colleghi,
il Disegno di Legge n. 173 che ci apprestiamo ad esaminare in aula ci è stato presentato come il frutto di un lungo lavoro di ascolto e stesura che ha coinvolto tutto il mondo della disabilità, attraverso una lunga serie di interlocuzioni e di incontri, a quanto pare molto utili ad apportare le modifiche necessarie ad un testo perfezionato via via per approssimazioni successive.
Addirittura, durante i lavori delle Commissioni, l’Assessore è andato via via ripetendo più volte che quella depositata in Consiglio regionale è la sessantesima versione di un testo novellato più e più volte a seguito evidentemente delle numerose interlocuzioni, richieste, riunioni con i soggetti interessati, in primis la Consulta e le associazioni ivi aderenti.
Abbiamo assistito con interesse alle audizioni dei soggetti chiamati in aula lo scorso 4 ottobre all’interno della III Commissione consiliare che hanno in parte confermato l’impianto della norma e in parte evidenziato alcune questioni da approfondire e ancora da declinare nell’articolato.
Le questioni poste dai soggetti auditi non erano proprio di secondo piano, se pensiamo, ad esempio, a quelle evidenziate dai responsabili degli ambiti socio-assistenziali, nonché quelle relative agli attuali soggetti gestori dei servizi, siano essi comunali o privati.
Dopo quasi cinque anni di promesse dal suo debutto, codesta Giunta regionale, quasi al volgere della legislatura, ha ritenuto di rivedere integralmente la vecchia legge regionale di riferimento, la 41/1996, che a 25 anni dalla sua approvazione si può definire datata rispetto all’evoluzione dei modelli di servizio per la disabilità e rispetto agli stessi assetti di sistema della responsabilità istituzionale.
Ci saremmo aspettati, però, una disanima di questi 26 anni di applicazione della legge 41/96, con la messa in chiaro delle cose che hanno funzionato, quelle che non hanno funzionato per stilare così un elenco di criticità e di priorità. Questi dati, se ci sono, non sono stati resi noti.
Se la nostra Regione può contare, per rispondere ai bisogni delle persone con disabilità, su risorse umane, economiche e strumentali, manca però di un impianto programmatorio adeguato e coerente con una visione organica e avanzata dei modelli di servizio per le persone con disabilità, rischiando così la rigidità e la frammentazione.
Con la revisione normativa e culturale, che è in atto a livello nazionale e internazionale, del sistema riguardante la disabilità (dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006 alla Delega al Governo in materia di disabilità con la legge 22 dicembre 2021 n. 227), passando attraverso l’importante Legge del “Dopo di noi” e altri diversi provvedimenti, siamo chiamati a legiferare e coprire le mancanze normative e organizzative del settore della disabilità.
Inoltre la Giunta si è detta chiamata a sanare il disallineamento della nostra regione rispetto ai LEA nazionali, poiché molte funzioni, responsabilità, competenze e relativi finanziamenti che ora sono in capo agli Enti gestori per la disabilità dovrebbero per forza passare in capo alle Aziende sanitarie, come pare preveda la normativa nazionale.
Dal punto di vista dell’impianto normativo è evidente che ci troviamo difronte ad una sorta di legge quadro, sicuramente molto ambiziosa negli enunciati, che prevede però molti (troppi?) atti successivi (22 in totale tra delibere di Giunta, regolamenti, atti di indirizzo, atti di intesa e linee guida) per i quali oggi non possiamo essere certi dell’esito, dei quali non abbiamo tempi perentori di attuazione e per i quali, al momento, non si prevede alcun passaggio in Consiglio regionale all’attenzione della Commissione consiliare competente.
Su questa questione, come annunciato in sede di dibattito in III Commissione, presenteremo gli emendamenti necessari per poter coinvolgere la stessa Commissione e quindi le forze politiche rappresentate in Consiglio regionale, senza le quali ci sarebbe un vulnus di democrazia e una procedura decisoria totalmente demandata alla Giunta regionale e di conseguenza una responsabilità delegata alle Aziende sanitarie su diverse partite importanti come i passaggi di competenza e quindi il subentro rispetto agli attuali enti gestori.
Prendiamo atto del diffuso consenso rispetto al passaggio della titolarità dei servizi ed interventi a favore delle persone con disabilità alle Aziende sanitarie regionali, ma rimane qualche perplessità sul modo in cui questo passaggio verrà attuato.
Risulta infatti necessario sciogliere il nodo sulle tempistiche del passaggio di competenze poiché sembra che il tempo dato a disposizione sia troppo poco per una situazione così complessa. Riteniamo quindi fondamentale che la norma assicuri un monitoraggio dei tempi e delle modalità del passaggio di competenze.
Molti sono i timori che riguardano l’attuazione della norma, da come verranno articolati i servizi per la disabilità all’interno delle Aziende sanitarie a quanto ammonteranno effettivamente le risorse economiche che, benché già ora corpose, molto probabilmente saranno insufficienti per garantire la realizzazione complessiva della stessa norma.
Inoltre altre preoccupazioni riguardano le risorse umane, anch’esse fondamentali, come anche quelle economiche, per fare in modo che la norma non sia solo un elenco di principi, ma effettivamente esplichi i suoi effetti in tempi ragionevoli.
In sede di Commissione abbiamo sottolineato come la norma dovrebbe dire di più sul riconoscimento esplicito delle sperimentazioni per l’innovazione del sistema dei servizi per le persone con disabilità per far sì che tali pratiche diventino sistemiche per l’intero territorio così da evitare il rischio di frammentazione dei servizi.
Altre criticità che abbiamo riscontrato, sia dalle audizioni che dalle interlocuzioni effettuate autonomamente, riguardano ad esempio il fatto che all’art. 12 non è previsto alcun regolamento per la diffusione dell’utilizzo di un corretto linguaggio.
Riteniamo inoltre necessario specificare più chiaramente cosa significhi al comma 6 dell’art. 17 la frase: “la valorizzazione e la messa a sistema delle buone pratiche già in essere a livello territoriale”; poiché uno dei timori espressi durante le audizioni è proprio quello che con il passaggio di competenze vadano perdute le pratiche, le competenze e le professionalità sviluppatesi sul territorio in questi anni, facendo venire meno un patrimonio tecnico e culturale di riferimento per la qualità dei servizi.
Altra questione fonte di forte preoccupazione, riguarda poi gli standard che dovrà possedere il personale. Nel Disegno di Legge non sono presenti sufficienti riferimenti al rispetto di garanzie non solo di standard riferiti ai professionisti coinvolti, ma anche in merito ai requisiti di accreditamento in generale, per quei servizi e strutture che subiranno in primis i mutamenti previsti dalla norma.
Proporremo quindi di prevedere che gli standard del personale siano indicati nel Piano Regionale della Disabilità e nei regolamenti di cui al comma 2 dell’art. 21, e che il mancato rispetto di tale vincolo costituisca impedimento all’accreditamento delle Strutture.
Pensiamo sia altresì molto importante la proposta di integrare i fondi della Legge 112/16 (“Dopo di noi”) con fondi regionali, allargando così l’abitare sociale non solo alle persone con disabilità grave ma anche alle persone con disabilità che potrebbero sperimentare percorsi di autonomia abitativa.
Ancora, per quanto riguarda il budget di salute nella disabilità manca una indicazione concreta sulla piena applicabilità del percorso di costituzione del budget di salute (come figurato dalla LR 22/2019) e manca anche una definizione dei criteri alla base dell’attribuzione del budget (es. gravità o ISEE o entrambi).
Non è chiaro se il budget di salute possa essere inteso come entità economica, definita dall’Azienda sanitaria/servizi, il cui impiego viene rimesso all’autonomia della singola persona, che può usarla a piacere scegliendo tra terzo settore e servizi pubblici (impattando però sia sulla visione che sulla tenuta del sistema, venendo meno la possibilità di programmare e gestire i servizi).
Inoltre, troppo poco è previsto sulla valutazione multidimensionale e non si dice nulla sulla compartecipazione delle famiglie, non essendovi specificati né criteri generali né tanto meno una procedura per individuarli ed attuarli.
Una questione certo di parte ma importante, sollevata dagli attuali soggetti gestori privati, attiene alla destinazione degli immobili dei vecchi gestori dei servizi finora attivi nel momento del passaggio delle competenze dai Comuni alle Aziende Sanitarie, nonché fumosa ci appare il demandare ad atti di intesa per il subentro del personale oggi impiegato.
Non ci appare del tutto chiaro cosa significhi il passaggio dei Servizi di integrazione lavorativa alle Aziende sanitarie, sia da un punto di vista operativo che di procedure omogenee che ad oggi non sono presenti (stili diversi e modalità di rendicontazione diverse e mancanza di un sistema informatizzato regionale).
Estrapolando i SIL dal sistema integrato dei servizi per la disabilità c’è il rischio di ridimensionarli ad una attività terapeutico-riabilitativa e socio-riabilitativa di natura sanitaria mentre la gran parte dell’utenza dei SIL ha finalità di osservazione, valutazione e transizione verso altri progetti di vita, non inquadrabili nell’alveo della terapia e della riabilitazione.
In questo modo verrebbe meno l’applicazione attuale degli strumenti di inserimento lavorativo che prevedono da un lato l’area propedeutica degli stessi (con finalità sia socioeducative che socioassistenziali) e dall’altro l’area lavoro (che, come ipotizzato da parte di amministratori e tecnici di enti consorziati, potrebbe trovare più propriamente referenza all’interno della Direzione Lavoro).
Inoltre si metterebbe in dubbio il ruolo e la professionalità dell’operatore del SIL come educatore, con particolare riferimento alle attività a corredo dell’inserimento lavorativo (es. mediazione, monitoraggio, consulenza, osservazione).
E infine non è poi chiaro se saranno garantiti i percorsi in essere, con il timore quindi che i tirocini possano subire una sospensione, portando ad una pericolosa situazione di mancata erogazione dell’incentivo economico e ad una perdita di autonomie e competenze dovuta all’inattività.
Vi è poi preoccupazione per l’effettivo finanziamento alle forme innovative dell’abitare, poiché nel Piano per le politiche abitative non ci sono fondi né per le ATER né per altre modalità. A questo riguardo la divisione di competenze tra la Direzione centrale Salute e quella delle Infrastrutture può complicare ulteriormente la situazione. Attualmente le ATER agiscono tra l’altro in base al regolamento regionale che prevede una riserva del 3% dei posti a disposizione per i soggetti disabili, e i costi di adeguamento sono normalmente molto alti.
Nel Disegno di Legge n. 173, purtroppo, si tiene conto unicamente della disabilità motoria e non di quella cognitiva. Quanto previsto al comma 5 dell’art. 6 per le ATER non si traduce in nuovi finanziamenti né nell’obbligo da parte delle ATER di prevedere la dimensione dell’abitare inclusivo.
Altre questioni verranno direttamente evidenziate nel corso del dibattito sull’articolato, ma in ogni caso il Gruppo del PD anche stavolta si è fatto carico di raccogliere proposte precise e concrete tendenti a migliorare il testo di legge, e non certo col tentativo di demolirlo, e portarle in aula per il giusto confronto.
Diverse esigenze e questioni poste dai soggetti auditi, ma non solo, ci sembrano meritevoli di una giusta e maggiore attenzione e, pertanto, gli emendamenti che ci apprestiamo a depositare cercano di risolvere, se non porre delle problematiche, che ci attendiamo la Giunta voglia considerare in modo positivo.
E come per le precedenti occasioni, anche stavolta il nostro voto finale dipenderà dall’atteggiamento della Giunta e della maggioranza durante la discussione dei documenti sottoposti all’esame dell’aula, in particolare verso gli emendamenti che depositiamo con spirito collaborativo per l’esclusivo bene della nostra comunità regionale.
È molte volte capitato, ahimè, di veder respingere emendamenti solo perché firmati dai Consiglieri dell’opposizione e poi magari ritrovarne i contenuti a distanza di alcuni mesi in proposte di Giunta e maggioranza.
Come auspicato dall’Assessore, anche noi ci attendiamo un atteggiamento collaborativo da parte opposta nel corso della discussione su codesto provvedimento. La collaborazione non può essere sempre a senso unico…

Mariagrazia Santoro

Trieste, 24 ottobre 2022

4002 - SAN relazione di minoranza DDL 173