IACOP: Relazione di minoranza sul PLN n. 19

Relazione di minoranza sul Progetto di legge nazionale n. 19 Modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia) in materia di enti locali

Presentato dalla Giunta regionale il 21 novembre 2022

Egregio Presidente, Gentili Colleghe e Colleghi,
il Progetto di legge nazionale n. 19 << Modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia) in materia di enti locali >> rappresenta il poco che la maggioranza regionale di centrodestra è riuscita a fare su un obiettivo di legislatura, la reintroduzione delle province elettive, e su cui ci sarebbe poco da dire, se non fosse che per raggiungere questo minimo obiettivo sono intervenuti in maniera pregiudiziale e non organica sul sistema degli enti locali basato sulle unioni territoriali dei comuni.
Vale la pena perciò di fare un po’ di chiarezza ricostruendo, seppur in maniera sintetica, qual è il percorso che ha portato all’abolizione delle province in regione con la costruzione di un nuovo sistema delle autonomie locali rispondente alle mutate esigenze del tessuto sociale ed economico rispetto al passato.
Un percorso certamente non isolato da quanto visto accadere nel resto d’Italia, con un esito parzialmente diverso ma accomunato dalla stessa unità d’intenti: riformare l’architettura istituzionale degli enti locali con una nuova visione delle funzioni di area vasta che non passava necessariamente per un ente elettivo come la provincia, ma con quelle funzioni esercitate dall’ente territoriale per eccellenza, il comune, attraverso sistemi aggregativi come le Unioni, ad esempio.
La discussione rispetto all’esistenza dell’ente Provincia, infatti, ha una storia più che decennale e proprio nel periodo precedente la tornata elettorale del 2013, per il rinnovo del Parlamento ma anche del Consiglio regionale, ha avuto il suo apice, trovando riscontro nei programmi elettorali della più ampia parte dei partiti politici, con pochissimi distinguo, e nelle dichiarazioni di numerosi soggetti appartenenti alle categorie economiche e sociali del paese.
Per quanto riguarda il FVG, nei programmi depositati dai tre principali schieramenti (centrodestra, centrosinistra e M5S) si fa riferimento alla necessità di rivedere l’architettura istituzionale regionale con il previsto superamento delle province, ma il percorso, e il risultato, non saranno gli stessi delle regioni a statuto ordinario proprio per le peculiarità della nostra autonomia, evidenziate a suo tempo da numerosi giuristi e costituzionalisti regionali.
Una discussione che entrava anche nel merito degli sprechi che gli enti provinciali avevano, e dei costi che recavano in seno per mantenere un apparato politico-amministrativo aggiuntivo rispetto a quelli regionali e comunali, ma era soprattutto incentrata sulla necessità di mantenere un ente elettivo di livello intermedio per svolgere funzioni che potevano essere più efficacemente svolte da Regione e/o Comuni, per sburocratizzare procedure, per snellire processi decisionali che spesso dovevano passare attraverso troppi livelli amministrativi.
Andava snellita l’architettura istituzionale per rendere più efficace ed efficiente, oltre che più economica, l’amministrazione della cosa pubblica.
Alla fine della Xa Legislatura, Presidente della Regione era Tondo, in Consiglio regionale fu approvata una mozione, a larghissima maggioranza, che istituì un’apposita Commissione speciale presieduta dal Consigliere regionale Pedicini, agli esiti della quale si produsse un progetto di legge che delineava la trasformazione delle province in enti di secondo livello con funzioni meramente onorifiche, lasciando quelle pratiche alla Regione o agli enti locali a seconda della loro natura. Di fatto quanto poi accaduto a livello nazionale, perché la riforma Delrio non è andata fino in fondo, anche e soprattutto per il fallito passaggio costituzionale del 2016, mentre in FVG con il rinnovo della legislatura le cose sono andate diversamente, e le Province sono state soppresse con il progetto di legge costituzionale, e il doppio passaggio parlamentare, di modifica dello Statuto che le ha cancellate.
Ora assistiamo ad una totale marcia indietro del centrodestra a trazione leghista, che propone la restaurazione di un ente elettivo di livello intermedio tra Regione e Comuni di cui nessuno nel tessuto socio-economico della regione sente il bisogno, probabilmente solo per soddisfare le ambizioni personali di pezzi di classe dirigente che necessita di una posizione di potere, e che alla fine farà quel che stanno già facendo enti, agenzie e società regionali ma con costi più elevati. Va ricordato che agli EDR, per esempio, sono già affidate funzioni scolastiche, di viabilità e, con il DDL 190, anche di gestione del procedimento contributivo per il POR-FESR 2021-27.
In cinque anni in cui una proposta di legge del genere, minimale nei suoi contenuti, avrebbe potuto già superare il doppio passaggio parlamentare per la sua effettività, se questo era il futuro disegno, invece si è scelto di non intervenire, o di intervenire senza un disegno organico, se non quello di annullare le esperienze precedenti.
Ora ci vorranno ulteriori 5 anni per vedere il nuovo doppio passaggio parlamentare, se ciò avverrà, e nel frattempo si dovranno necessariamente consolidare le funzioni presso gli enti, agenzie e società della Regione. E poi ricomincerà il balletto dei trasferimenti, stavolta in direzione opposta? Ci sarà la necessità di assumere nuovo personale, a riprova che l’operazione porterà costi aggiuntivi per svolgere gli stessi compiti?
Troviamo che questo disegno di legge risponda invece a esigenze di natura prettamente elettoralistica, per i modi e i tempi in cui viene portata all’attenzione del Consiglio regionale. Rappresenta l’ennesima bandierina da piantare per rispondere ad una parte, e probabilmente neanche larga, dell’elettorato regionale, ma non rappresenta di certo una esigenza di maggiore funzionalità e razionalizzazione dell’architettura istituzionale del Friuli Venezia Giulia. Era più corretto, riteniamo, lasciare al prossimo Consiglio regionale la scelta di portare avanti o meno questo tema.
Siamo al paradosso per cui, dopo aver visto il FVG essere un passo avanti al resto d’Italia con la soppressione delle Province, rischiamo di vederlo tornare indietro di un decennio con la restaurazione delle stesse, mentre nelle altre regioni rimangono enti di secondo livello svuotati di fatto delle loro funzioni. Un’operazione tra il nostalgico e l’elettoralistico, mentre in tutta Europa ormai si ragiona per aree urbane funzionali, e non per confini predeterminati, quasi degli steccati creati ad arte per mantenere ideologicamente divisi i cittadini del Friuli Venezia Giulia.
A nostro avviso i ragionamenti che hanno portato alla soppressione delle Province non hanno perso valore, e nella legislatura precedente ci siamo avvalsi in modo appropriato dell’esercizio della nostra Autonomia con la creazione di un sistema istituzionale regionale basato su due soli livelli, Regione e Comuni, supportato dalle modalità aggregative degli enti locali basate sulle unioni.
Di questo hanno bisogno cittadini ed imprese della nostra regione, di semplificazione e sburocratizzazione, di snellimento delle procedure, di razionalizzazione amministrativa, non di rinnovati carrozzoni.
Per tutti questi motivi il Gruppo del Partito Democratico voterà convintamente no a questa proposta.

Franco Iacop

4199 - IAC Relazione di minoranza PDLN 19 nuove Province