Signor Presidente, Assessori, Consiglieri,
1. Introduzione
Il governo delle politiche di settore riguardanti il servizio idrico integrato e la gestione integrata dei rifiuti urbani è di fondamentale importanza: esso è assegnato ai Comuni, gli enti che hanno più prossimità nei confronti dei cittadini, da esercitarsi in forma obbligatoriamente associata all'interno degli Enti di governo degli Ambiti territoriali ottimali. Alle Regioni, chiamate a governare i processi programmatori generali e di prospettiva, è dato compito di individuare gli ATO e i relativi Enti di governo.
Sempre alle Regioni, in conformità alle disposizioni nazionali e comunitarie di settore, è assegnato il compito di assicurare la tutela dei corpi idrici e la qualità delle acque, nonché la pianificazione di settore riguardo la gestione dei rifiuti. Su questa ripartizione, sulla sussidiarietà contenuta in questa governance multilivello, si basa l'equilibrio del controllo pubblico sull'erogazione di questi servizi pubblici. La presente norma dà attuazione a queste disposizioni: individua l'Ambito Territoriale Ottimale entro il quale espletare i due servizi, e ne definisce l'Ente di governo, nel quale i Comuni sono chiamati ad esercitare le loro funzioni. Riguardo alle norme di tutela del bene “acqua” e della gestione dei rifiuti, la Regione agisce con la pianificazione di settore (il Piano Regionale di Tutela delle Acque, ed il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti) e con le rispettive norme di attuazione.
2. Attuale assetto di governance in Regione
Per quanto riguarda il servizio idrico integrato, introdotto in Italia dalla “Legge Galli” del 1994, il legislatore regionale è intervenuto con la LR. 13/2005, definendo 4 ATO, corrispondenti ai territori delle provincie, più 1 ATO Interregionale includente alcuni comuni della provincia di Pordenone, Venezia e Treviso. Su questi 5 ATO sono stati istituiti altrettanti Enti di governo d'ambito, variamente denominati nei successivi anni, ossia i luoghi dove tutti i sindaci dei comuni ricadenti nei territori erano chiamati a determinare le politiche di settore, ed in particolare: ad approvare le tariffe del servizio (successivamente normalizzate da un modello emanato dall'Autorità nazionale), a confrontarsi sugli investimenti sulle reti da effettuarsi nei successivi trent'anni (i Piani d'Ambito), a scegliere la forma di affidamento del servizio e ad operare l'affidamento medesimo. L'organizzazione del servizio idrico integrato, e l'esercizio da parte dei Comuni delle funzioni loro assegnate unicamente in forma associata, ha consentito all'intero sistema di emanciparsi dalle gestioni del servizio operate in forma singola, in larga parte causa dell'attuale situazione di arretratezza ed inefficienza delle reti di adduzione e di collettamento: quando erano i singoli Comuni a dover decidere se investire su reti fognarie efficienti, oppure a fare nuovi marciapiedi e piazze, si è spesso deciso per l'opzione esteticamente più appariscente. L'organizzazione dei servizi per ambiti territoriali ottimali ha consentito di far partire, seppure a rilento, i piani d'ambito.
Riguardo invece al servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, la situazione della governance è piuttosto arretrata: la nostra Regione si è dotata solamente nel 2012 di un Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti Urbani, che dalla valutazione tecnica in esso contenuta ha confermato l'impostazione dell'unico ATO regionale su questo settore:
<<[…] considerato che tra i presupposti istitutivi degli ambiti territoriali ottimali c'è sempre l'esigenza di razionalizzare, in termini di efficienza, efficacia ed economicità, i servizi pubblici e, nella fattispecie, quello relativo al settore dei rifiuti urbani, si prevede l'organizzazione territoriale di tale servizio sulla base di un unico ambito territoriale ottimale regionale […]. Sulla base dell'esperienza maturata nel pregresso periodo di regime transitorio, la coincidenza dell'ambito territoriale ottimale con l'intero territorio regionale, appare adeguata ai fini del superamento della frammentazione delle gestioni, della valorizzazione delle esigenze comuni e di affinità nella produzione e gestione dei rifiuti e del dimensionamento del servizio in rapporto alle caratteristiche fisiche, demografiche e tecniche del territorio di riferimento […]. Il criterio di autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani e del loro trattamento può essere assicurato solamente a livello regionale. Con ambiti di dimensioni inferiori, per esempio provinciali, non si avrebbe la possibilità di chiudere la filiera di gestione dei rifiuti con gli impianti attualmente in esercizio.>> (Piano Regionale di Gestione dei rifiuti urbani, 2012, Pag. 281)
Tuttavia non si è mai costituito un Ente di governo d'ambito. Anzi: la norma di definizione dell'ATO (LR 11/2011, art. 3, c. 52) operava un rimando temporale dicendo che tale Ente sarebbe stato individuato in futuro. Nel frattempo, i singoli Comuni hanno continuato ad esercitare le funzioni di governo del settore in forma singola, o al più associata in funzione della società di gestione dei quali erano soci. Nei fatti, sia per le elaborazioni tariffarie che per gli indirizzi sulle politiche di gestione dei rifiuti, i Comuni si sono sempre rivolti direttamente alle società di gestione. Il vulnus di questa impostazione è sempre stato dunque, che le politiche di settore non sempre sono state fatte in funzione delle esigenze dei cittadini per il tramite dei loro Sindaci, ma in funzione delle esigenze delle società di gestione. Si noti infatti come nelle aree servite da società di gestione proprietarie di impiantistica di smaltimento sia stato sempre complicato attuare politiche di raccolta differenziata spinta, o come nelle aree servite da società di gestione proprietarie di un determinato tipo di parco macchine per la raccolta sia stato sempre complicato emanciparsi dal cassonetto stradale.
3. Le infrastrutture del settore idrico
È utile soffermarsi sulla condizione attuale delle nostre reti idriche, di trasporto e di collettamento in particolare. I dati ISTAT “Censimento delle acque per uso civile, anno 2012” dovrebbero imporre a ciascuno una seria riflessione: le dispersioni nelle reti di distribuzione dell'acqua potabile in Regione toccano il 44,9%, contro una media del nord-est del 32,6% (+12,3%) e una media nazionale del 37,4% (+7,5%), collocando la nostra regione al sesto posto nella classifica delle regioni meno virtuose.
Riguardo alla depurazione, la percentuale di carichi inquinanti civili non trattati in impianti di depurazione arriva al 52,1%, contro una media del nord-est del 42,1% (+10%) e una media nazionale del 42,4% (+9,7%), collocando la nostra regione al secondo posto dopo la Sicilia per peggior efficienza dei sistemi di depurazione. Sulle carenze rispetto alla depurazione delle acque, il Governo ha organizzato una struttura di missione denominata “ItaliaSicura” che assieme al Ministero dell'Ambiente sta cercando di mobilitare ingenti investimenti su questo settore, al fine di scongiurare le infrazioni europee pendenti sui nostri territori. Sanzioni che, sempre secondo la struttura di missione del Governo, si stima ammontino a circa 480 milioni di euro, con penalità fino al completamento delle opere. Queste infrazioni verranno ripartite tra le Regioni, e si stima che siano 66 i milioni di euro di multa che i cittadini del Friuli Venezia Giulia dovranno pagare.
La soluzione più equa per porre rimedio a questo deficit infrastrutturale è quello di proseguire con più incisività nel far partire i cantieri delle opere contenute nei Piani d'Ambito realizzati dagli Enti di Governo degli ATO, affrontando con serietà il problema della bancabilità di questi interventi, vero limite che attualmente incontrano i territori. E ciò è raggiungibile dapprima responsabilizzando gli amministratori locali a fare scelte strategiche per il futuro, riducendo la frammentazione delle gestioni esistenti ed operando economie di scala. Inoltre, rimarcando con forza la validità del principio del “Full cost recovery”, confermato anche dalle direttive europee di settore: solo includendo in tariffa questi investimenti, come già avviene dalla Legge Galli del 1994 in avanti, si potrà dar corso alle opere necessarie ai nostri territori per raggiungere efficienze sui sistemi di trasporto e di depurazione.
Chi ha a cuore l'acqua come bene da tutelare, nella sua quantità e qualità, come diritto per i cittadini, e per le generazioni future, non può di certo ignorare l'attuale stato pietoso delle nostre reti, ed in maniera responsabile deve dare una risposta, concreta e sostenibile, circa come porvi rimedio.
Crediamo fermamente che la strada da percorrere sia quella di sbloccare gli investimenti sulle nostre reti, rendendole efficienti per i diritti dei cittadini e per la tutela dell'ambiente.
L'importanza degli investimenti sulle reti, infine, non è un dettame da recepire in maniera supina, ma un valore da riconoscere per la qualità della vita dei nostri cittadini. Già Eneo Domizio Ulpiano, illustre giurista romano, rimarcava nel VI secolo come
<<le condotte fognarie devono essere pulite e ristrutturate, poiché è di vitale importanza per la salute e la sicurezza dei cittadini. L'incuria delle reti di collettamento crea rischi sia per la salute che il deterioramento dei luoghi, e così pure se non vengono ristrutturate>> (Iustiniani Digesta, 43)
4. Le politiche di settore del sistema di gestione dei rifiuti urbani
La nostra Regione ha una situazione impiantistica per il trattamento dei rifiuti che pare più che adeguata. Anzi, talvolta viene da pensare che essa sia persino sovrabbondante per gli impianti di smaltimento e per le volumetrie autorizzate nelle discariche. Gli obiettivi di raccolta differenziata raggiunti dalla nostra Regione sono incoraggianti in valore assoluto (siamo tra le prime regioni ad aver raggiunto ed oltrepassato l'obiettivo comunitario del 50% di RD entro il 2020) ed anche riguardo ai nuovi traguardi sulla qualità della differenziazione registriamo buoni andamenti (dati Comieco, Coreve, Conai 2015). La virtuosità della gestione dei rifiuti urbani nella nostra Regione ci colloca in una posizione ottimale per poter affrontare le sfide dei prossimi decenni, riguardo la qualità della differenziazione, la riduzione dei materiali da avviare a selezione, la riduzione degli imballaggi ed il superamento dell'obsolescenza programmata dei beni. Per fare questo tuttavia, è importante che i Comuni possano davvero operare scelte strategiche su questo settore, oseremmo dire anche “di visione”, determinando politiche sul settore della gestione dei rifiuti urbani che non rispondano solamente alla dotazione impiantistica ora presente, ma che possano governare processi di transizione verso sistemi di gestione innovativi. Per fare questo, è indispensabile che anche i nostri Comuni possano governare il sistema in un Autorità che ponga obiettivi ambiziosi, e che vincoli le società di gestione al raggiungimento di standard sempre più elevati.
5.Il percorso in Consiglio regionale
La Proposta di Legge 135, di iniziativa consiliare, è stata presentata al Consiglio il 1 Febbraio 2016, dopo un lungo percorso di confronto sui territori finalizzato alla sua stessa redazione. Il percorso in IV Commissione è iniziato il 16 Febbraio, ha visto due approfondite sessioni di audizioni di stakeholders, ed è giunto al suo esame finale con l'accoglimento di alcuni emendamenti proposti da tutti i gruppi consiliari. Si è riunito inoltre un ulteriore tavolo di approfondimento con i relatori ed i proponenti degli emendamenti, che ha consentito un maggiore approfondimento sui temi toccati dalla norma. La proposta di legge è inoltre stata illustrata ed ha ricevuto il parere favorevole sia della IV Commissione del CAL, sia dell'assemblea plenaria del CAL, con un solo voto contrario.
Obiezioni riguardo l'impostazione della nuova Authority sono venute da alcuni comitati referendari “Acqua bene comune” e da alcuni Sindaci: essi hanno sollevato principalmente il timore delle conseguenze riguardo la riduzione della frammentazione delle società di gestione (frammentazione considerata da loro come un valore) che questa norma favorirebbe. È stato inoltre percepito un allontanamento dalle comunità dei centri decisionali sulle politiche sul settore idrico. Alcune controproposte hanno indicato territori di affidamento comunali o corrispondenti alle UTI, inserimento degli investimenti nella fiscalità generale (rinunciando ad occuparsi del problema della depurazione dei reflui), ritorno a gestioni in economia. Per nostro conto, riteniamo queste impostazioni inadeguate a rispondere alle prospettive future che entrambi i settori incontreranno nei prossimi anni, poco tutelanti nei confronti del valore aggiunto che le attuali società di gestione in-house presenti sul nostro territorio hanno, ed inique sia nei confronti degli utenti, che soprattutto nei confronti della tutela dell'ambiente.
Pare utile rammentare il percorso che anche il Partito Democratico ha fatto nel 2011 a sostegno dei Referendum promossi dai comitati “Acqua bene comune”. Due dei quattro quesiti referendari riguardavano il servizio idrico integrato: il primo, sulle modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, prevedeva l'abrogazione della norma che consentiva il ricorso alla forma di affidamento dell'in-house solo in situazioni eccezionali, dando priorità alla scelta del gestore tramite gara ad evidenza pubblica. Il secondo proponeva l'abrogazione dell'inclusione in tariffa della remunerazione al 7% del capitale investito dai gestori privati. 26 milioni di cittadini votarono sì a questi due quesiti, rivendicando il principio di neutralità rispetto agli assetti proprietari delle imprese e alle relative forme giuridiche già previsto dall'ordinamento comunitario. Inoltre, rivendicarono il principio che i gestori dei servizi idrici potessero trarre profitti di monopolio eccedendo nella remunerazione delle risorse impiegate.
Possiamo affermare con decisione che la norma proposta è pienamente nel solco indicato dall'esito del Referendum del 2011: lo stimolo ad operare razionalizzazioni, soprattutto degli attuali gestori in-house, consentirà loro di poter continuare ad operare nei prossimi decenni, e a realizzare gli investimenti che, qualora non fossero fatti, metterebbero seriamente a rischio tali affidamenti. Inoltre, dà pienamente in mano ai Comuni, gli enti più prossimi alle esigenze dei cittadini e dei territori, dei veri strumenti di governo di entrambi i settori, idrico e rifiuti, per avviare politiche di sistema a tutela dei cittadini e dell'ambiente.
BOEM
Trieste, 10 marzo 2016
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